Quando lavorare il legno era un’arte: una mostra per riscoprire il parchettista

Successo di pubblico a Branco, il paese dove si è storicamente sviluppata questa figura professionale. Il curatore Sandro Comuzzo: pensiamo a un’esposizione permanente con l’aiuto di privati e Comune
TAVAGNACCO. Un personaggio d’altri tempi. Si spostava in bici, sulle spalle una “sporta di scus”, le foglie secche di mais, contenente martello, scacciachiodi, tenaglie, una sega a mano. Gli bastavano pochi attrezzi per realizzare un capolavoro: il parchettista non era un semplice operaio del legno, era un artista che doveva abbinare la delicatezza nel trattare il materiale alla precisione nella posa.


«Al giorno d’oggi questa figura professionale è venuta meno vista la presenza sul mercato di parquet prefiniti, ma noi non vogliamo dimenticarla»: a parlare è Sandro Comuzzo, parchettista e curatore della mostra “L’arte del legno: parquet e parchettisti in Friuli”. Due motivi l’hanno spinto a realizzare tale esposizione a Branco, ormai giunta al termine: il legame emotivo col mestiere, praticato anche da padre e nonno, e il fatto che la piccola frazione di Tavagnacco sia nota come il paese dei parchettisti. «È un’iniziativa unica nel genere che ha voluto proporre al pubblico la figura originaria del parchettista tramite documenti, ricordi, materiali e attrezzature, La mostra ha riscosso un ampio successo di visitatori, non solo tra gli addetti ai lavori, ma anche tra appassionati del legno e curiosi». Tra i documenti ritrovati spunta “il decalogo del parchettista”. Regole precise: «Le attrezzature dovevano essere sempre in ordine e la sera tutti gli strumenti dovevano essere raccolti in un angolo della stanza – svela Comuzzo –. Non ci si doveva far sorprendere a stuccare i pavimenti in legno, operazione non ammessa, pena il rifacimento o addirittura anche l’allontanamento dal lavoro».


L’esposizione ha funzionato molto bene e ora l’idea è quella di organizzare una mostra permanente dal momento che diversi privati sarebbero interessati a donare documentazione e vecchie attrezzature. Ma per questo c’è bisogno di una sede e di finanziamenti. «Ci piacerebbe che il Comune si rendesse disponibile ad attuare il progetto: noi siamo disposti a pagarci la sede – conclude –. Una mostra di questo tipo sarebbe anche una bella occasione per catturare l’attenzione dei visitatori».


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