Quando Francesco realizzò 130 anni fa lo stabilimento sul canale Ledra
la storia
Udine divenne nell’Ottocento “città della birra” per necessità e per virtù. Essendo a quel tempo austriaca, è chiaro che la birra scorreva a fiumi facendo concorrenza al vino, ma importarla da oltre Tarvisio non era facile. Il viaggio aveva risvolti avventurosi, come raccontò in uno spassoso articolo Mario Quargnolo, simile addirittura a quelli dei pionieri nel West, con carovane di carradori che, in inverno, raccoglievano il ghiaccio da torrenti e rogge gelate.
Un’epopea, insomma, finché due personaggi decisero che era meglio produrla direttamente qui, a casa nostra. Furono loro i signori della birra a Udine. Uno friulano, Luigi Moretti, nato nel 1822 a Nespoledo di Lestizza, che dapprima organizzò da bravo commerciante quei viaggi tribolati e poi aprì nel 1859 la fabbrica in viale Venezia grazie alla dote della moglie Anna Muratti, triestina, appartenente a una grande famiglia di irredentisti. L’altro era un austriaco nato a Oberlaibach nel 1847, Francesco Dormisch, la cui storia contiene un paio di anniversari significativi. Dapprima rilevò una piccola fabbrica di birra a Resiutta, fondata da alcuni carinziani. Era il 1881, quindi 140 anni fa. La scelta del luogo era dovuta alla vicinanza del torrente Resia e alla presenza, nel monte Gravizze, di una galleria-ghiacciaia necessaria per conservare bene la birra. E la galleria, ripristinata, è ancora oggi visitabile come un gioiello di archeologia legata al lavoro della nostra gente.
Da Resiutta, Francesco Dormisch fece poi il grande salto planando a Udine nel 1891, dunque 130 anni fa, quando fece progettare a Stanislao Fenzi lo stabilimento (poi ampliato e ammodernato) accanto al canale Ledra e a due passi da porta Villalta, incuneato tra le vie Micesio e Bassi, le cui strutture sono un perenne motivo di discussione, come accade in questi giorni, su cosa farne. Cessata la produzione nel 1988, furono devastate da un incendio nel 1999 e rappresentano uno dei simboli irrisolti e complicati di una Udine che non c’è più.
Ma torniamo ai signori della birra, che quasi si fronteggiavano perché le due fabbriche erano tutto sommato vicine e, pur nella concorrenza, veleggiavano sicuri dando lavoro a tanta gente. Rifornivano il mercato locale, in un pullulare di birrerie (una famosa era situata all’inizio di via Portanuova e si chiamava Gambrinus), e arrivavano alle regioni vicine. Per una città di 30 mila abitanti era tanto. Tra i due mondi c’era però una differenza: mentre sulla storia dei Moretti si sa molto, quella dei Dormisch pare più evanescente, legata soprattutto, più che ai personaggi, ai luoghi, come appunto la fabbrica dismessa, con accanto la bella sede degli uffici, progettata nel 1928 da Ettore Gilberti che, assieme a Provino Valle e a Cesare Miani, è stato l’interprete di un’architettura su misura per la mentalità udinese, fedele a questa massima: “Vivere comodi e mostrare sì, ma senza esagerare. Moderazione nei sogni e negli slanci”.
Cogliendo lo spunto dall’ennesima polemica sull’ex birrificio, ecco un rapido riassunto in chiave Dormisch. Francesco si impose presto sul mercato friulano, curando qualità e immagine. Reagì bene alla guerra e allo stop dopo Caporetto, per cui in pochi anni raddoppiò la produzione. Architetti e fotografi diedero al marchio una fisionomia d’effetto e nel ’24 l’illustratore Mauzan disegnò in un manifesto un nobile in costume settecentesco con boccale di birra in mano. Dormisch morì nel ’39 lasciando l’azienda a figli e nipoti finché fu ceduta nel 1953 alla Peroni, che cessò la produzione a Udine nel 1988.
Due curiosità: nel ’25 Francesco Dormisch, facendo schiumare di rabbia i Moretti, divenne presidente dell’Udinese calcio, promossa quell’anno in serie A. Il suo motto era: “Riservi Iddio dall’alto il luppolo e il malto”. Era proprio un asburgico! —
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