Quando a Udine si faceva la birra sotto il segno del “Baffone”
La visita di Luigi Menazzi Moretti alla mostra e l’incontro con gli ex dipendenti: al museo etnografico di Udine un percorso della nostra storia con “Trent’anni senza Moretti”

Sono passati 30 anni dalla chiusura dello stabilimento di viale Venezia, ma la grande “famiglia” Moretti non si è dispersa. Anzi, nell’ultimo giorno dell’anno, si è voluta ritrovare al museo etnografico per visitare la mostra “Trent’anni senza Moretti”, alla presenza del commendatore Luigi Menazzi Moretti.
«Loro rappresentano quello che è stato zoccolo duro dell’azienda - ha esordito rivolgendosi agli ex dipendenti della fabbrica di birra - stimati anche da chi è venuto dopo di noi. Non hanno mai fatto mancare il loro appoggio nei momenti di difficoltà».
Insieme a Moretti, nel museo sono intervenuti l’assessore comunale Fabrizio Cigolot, una delle curatrici dell’esposizione Marta Tasso, l’artista francese che ha dato il via al progetto di ricostruzione della memoria del marchio Moretti Fabien Marques, il direttore del Messaggero Veneto Paolo Mosanghini.
«Chi è arrivato dopo di noi - ha aggiunto Menazzi Moretti - ha saputo rispettare il marchio e rilanciarlo, portandolo ai vertici in Italia. Peccato solo per la scelta di ringiovanire il baffone, facendolo diventare un ragazzetto elegante con i baffi corti. Per noi rappresentava un pacifico nonno friulano che si prendeva una pausa all’esterno di un locale sorseggiando con grande gusto una birra. Ringrazio gli esecutori della mostra e il Comune - ha concluso - sono felice di quello che ho visto».
Un’esposizione che, come ha annunciato l’assessore Cigolot, sarà prorogata di una settimana, e quindi chiuderà i battenti il 22 gennaio.
«Ci sarà ancora modo per ammirare i cimeli, i documenti, le insegne di quello che può essere considerato il marchio emblema della città di Udine - ha spiegato l’assessore -. La Moretti ha contribuito a scrivere una pagina importante di storia del popolo friulano, e il baffone è diventato l’emblema di un’identità specifica del nostro territorio». La curatrice Tasso ha ricordato come il progetto «non nasca per ricostruire la storia di un brand, ma per raccogliere i ricordi e le interpretazioni delle persone, indagando il legame tra la città e la Moretti».
Un percorso cominciato con la curiosità di Marques di scoprire il significato dell’arco con la scritta “Ditta Luigi Moretti” all’ingresso dell'omonimo parcheggio. Tanti i ricordi riaffiorati durante la visita alla mostra da parte degli ex dipendenti.
«Moretti è stata la nostra famiglia, che ci ha consentito di crescere non solo professionalmente, ma anche umanamente - ha detto Armando Coletto -. Il nostro merito è stato portare la bandiera della Moretti nelle grandi città e nei piccoli paesi, in modo capillare. Il merito di questa mostra è di aver elevato ulteriormente il nome della Moretti, facendolo diventare un patrimonio culturale». Tra i presenti, anche chi ha contribuito al lancio della birra friulana in America: «Ho siglato accordi con 36 concessionari negli States - ha assicurato Alessandro Marinelli -. Il periodo più gratificante della mia carriera. La fine di questa avventura lavorativa è stata un grande dispiacere».
Una “fine” solo dal punto di vista produttivo per la città, visto che la memoria è rimasta viva nei decenni, arrivando intatta fino ai giorni nostri.
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