Quando a Gorizia si giocavano i derby

Ugg contro Safog. Una rivalità che a cavallo tra anni Cinquanta e Sessanta ha costituito il propellente per alimentare la passione cestistica dei goriziani in un’epoca in cui in riva all’Isonzo i talenti nati per giocare a basket sputavano come funghi. Erano gli anni dei derby goriziani, che spaccavano in due la città e sembravano suggerire un dualismo anche di natura sociale tra la blasonata e prestigiosa Unione Ginnastica, con la sua elegante sede ottocentesca in via Rismondo, e l’anima popolana e un po’scanzonata della Safog, cresciuta dalla tradizione proletaria dei dopolavoro attorno al polo industriale del quartiere di Straccis.
Una storia che ci riporta a sessant’anni fa, in un’era in cui le demarcazioni sociali avevano ancora un peso e sembravano rendere incolmabile quella distanza di poche centinaia di metri che separava la dimora dell’Ugg, in pieno centro, con il campo all’aperto vicino al fiume dove batteva il cuore di ogni vero “strassariol”. Quelle sfide stracittadine evocano un tempo in cui sotto i canestri goriziani si intrecciavano amicizie, rivalità e a volte si innescavano ripicche che finivano per scontentare entrambe le società, soprattutto in sede di mercato. Oggi si direbbe che mancava la capacità di “fare sinergia” ma è anche vero che proprio quella perenne competizione per anni ha reso più ricca e stimolante la scena cestistica goriziana. L’uomo-simbolo del controverso rapporto tra Ugg e Safog è sicuramente Aldo Rosa, autentica istituzione della pallacanestro isontina come giocatore prima e come allenatore poi. Arrivato all’Ugg nel ’51 assieme a Tonino Zorzi, fino all’agosto del ’56 rappresentò una delle colonne della “prima squadra di Gorizia”. Ma nell’agosto di quell’anno successe qualcosa che Rosa, all’epoca un talento di appena 22 anni appetito da molte squadre della massima serie, non ha mai dimenticato.
Come andarono veramente le cose in quell’estate di 58 anni fa?
«Si erano fatte avanti diverse società e la Stern Varese (che due anni prima aveva acquistato Zorzi ndr) aveva chiesto il nulla osta. Per me era un’opportunità importante e iniziò una lunga trattativa ma nonostante le insistenze finì male. Ci furono incomprensioni con i dirigenti e l’Ugg alla fine rifiutò di lasciarmi andare. Così decisi di smettere temporaneamente di giocare. Restai due anni svincolandomi dalla società, com’era previsto a quei tempi. Nel ’58 firmai per la Safog dove ho giocato per il resto della carriera diventandone capitano e giocando tanti derby in serie A contro l’Ugg».
Non resta il rimpianto per aver perso due anni all’apice della carriera?
«Diciamo che poi mi sono tolto tante soddisfazioni anche con la Safog, sia da giocatore che da allenatore. Non era proprio destino che tra me e l’Ugg le cose filassero per il verso giusto. Nel ’64, con Zorzi giocatore-allenatore, venne aperta una trattativa per il mio ritorno. Tonino mi rivoleva fortemente alla Goriziana, neopromossa nella massima serie, e io ci sarei tornato. Avevo già in tasca il nulla osta ma aspettavo che fosse l’Ugg a chiederlo ufficialmente. Forse, a quel punto, qualcuno si ricordò quello che era successo nel’56 e così la trattativa saltò».
Nel 59-60 si giocò il primo derby stracittadino. Il primo di una lunga serie. Com’era il clima di quelle partite?
«La rivalità si sentiva e l’ambiente, anche a livello di pubblico, era caldo ma senza eccessi. È chiaro che noi eravamo la squadra con meno risorse ma anche con meno pressione addosso. Per loro perdere contro di noi sarebbe stata un’onta. Hanno sempre vinto loro ma se la dovevano sudare».
In quella rivalità si respirava effettivamente un’aria di confronto “sociale”?
«Loro erano un po’ la squadra dell’élite, la società “nobile” che si poteva permettere di scegliere i giocatori migliori e di lasciare agli altri gli “scarti” mentre la Safog era vista come la squadra dei figli degli operai delle industrie cittadine. Ai tempi le differenze sociali erano più marcate anche se tra i giocatori delle due squadre fuori dal campo c’era amicizia. Potrà sembrare antipatico ricordarlo ma anche in sede di trattativa i dirigenti dell’Ugg avevano un atteggiamento un po’ snob nei nostri confronti, ad esempio ai tempi dei cosiddetti “magnifici sette”. E anche per questo, nel corso degli anni, i dispetti sul mercato non mancarono».
Il risultato fu che giovani talenti dell’epoca finirono lontani da Gorizia come Vescovo, Medeot e poi Brumatti invece di “traslocare” subito in via Rismondo. Non era un peccato per il basket goriziano?
«Ci sono stati degli errori, a mio avviso anche da parte di Bigot, ma non voglio dare le colpe per forza a qualcuno. In quegli anni si erano creati rapporti non ottimali, tuttavia credo che quella rivalità fosse comunque una ricchezza per la pallacanestro della nostra città. Era uno stimolo a dare il meglio, finché e durata. E per quanto mi riguarda quelli alla Safog sono stati anni bellissimi. Giocavamo senza assilli, c’era grande affiatamento, anche grazie alla presenza di un personaggio unico come Livio Collini che regalava nelle trasferte e negli allenamenti infiniti spunti di divertimento, e sul campo abbiamo centrato promozioni e vittorie di prestigio».
È passato più di mezzo secolo da quando Safog e Ugg sfornavano campioni. Cosa manca perché Gorizia torni ad essere un vivaio importante?
«Anzitutto fa piacere constatare che a Gorizia la passione per questo sport che ha reso indimenticabile la nostra gioventù è ancora viva. Durante l’intervallo, nelle partite dell’Ardita, il parquet si riempie di bambini che si mettono a tirare. Certo, ai nostri tempi non avevamo altri passatempi e lo sport e la pallacanestro erano un modo per emergere. Ci sono società a Gorizia e provincia che sanno allenare bene i ragazzi ma la mancanza di una squadra professionistica che faccia da traino si sente e diversi talenti degli ultimissimi anni come Turel e Maghet hanno dovuto emigrare».
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