Punto nascita di San Vito, Riccardi: “Penso alla sicurezza non ai cavilli”
L’assessore regionale alla salute difende la scelta della sospensione. Nessuna retromarcia, «non si strumentalizza un tema delicato»

Il Tribunale amministrativo regionale ha riacceso i riflettori sul punto nascita di San Vito, sospeso nel novembre 2023 con un decreto della Regione.
La sentenza pubblicata l’altro ieri ha dichiarato illegittimo l’atto, accolto parte delle argomentazioni del Comune, contestando alla Regione di non aver indicato il termine preciso per la sospensione.
Tuttavia, il verdetto non implica la riapertura del presidio, lasciando aperto un dibattito sempre più acceso tra le necessità della comunità e le priorità della sanità pubblica.
La chiusura del punto nascita di San Vito si è basata sulla mancata conformità ai requisiti di sicurezza, tra cui il non raggiungimento dei 500 parti annui, soglia stabilita dalla normativa per garantire standard minimi.
Il Comune di San Vito, guidato dal sindaco Alberto Bernava, ha però deciso di opporsi, portando avanti un ricorso al Tar con l’obiettivo di tutelare un servizio considerato essenziale per il territorio.
La Regione ora ha 30 giorni per correggere l’atto, ma il direttore generale dell’Asfo, Giuseppe Tonutti, ha già chiarito che il servizio non verrà ripristinato, ribadendo l’impossibilità di tornare indietro senza garanzie di sicurezza.
Tra le tante reazioni alla sentenza, spiccano le parole dell’assessore regionale alla salute, Riccardo Riccardi, che ha espresso con forza la posizione della Regione.
Riccardi ha chiarito che la priorità resta garantire la sicurezza dei cittadini, indipendentemente dai cavilli burocratici.
«Ci sono state indicazioni chiare da parte di medici e professionisti – ha dichiarato – che ci hanno spiegato come garantire le cure e la sicurezza delle persone. Di fronte a questo, io non sono disponibile a discutere con chi mi dice che manca un cavillo, una virgola. Non me ne frega niente.
Quello che mi interessa è avere le migliori condizioni di garanzia per le persone».
L’assessore ha ribadito che la decisione di sospendere l’attività del punto nascita non è stata politica, bensì tecnica, basata sulle valutazioni dei medici che hanno responsabilità diretta sulle strutture.
«Se un medico mi dice che quella cosa lì va chiusa o modificata, io rispetto questa decisione. Non possiamo più cercare di aggiustare situazioni insostenibili. Le capacità per farlo non ci sono più».
Riccardi non ha risparmiato critiche ai rappresentanti politici che hanno utilizzato il caso come terreno di battaglia.
«Al di là del partito, del consigliere regionale che vuole prendersi preferenze o del sindaco che deve sembrare il più figo di tutti, io sto dalla parte dei professionisti», ha affermato, sottolineando come la sicurezza non possa essere messa in discussione da chi cerca consensi.
L’assessore ha poi ribadito che il decreto regionale non ha sancito una chiusura definitiva del punto nascita, ma una sospensione basata su una «scelta di competenza professionale.
Questa scelta andrebbe un po’ più rispettata», ha concluso. Nonostante le rassicurazioni della Regione, il sindaco di San Vito, Alberto Bernava, ha sottolineato come il provvedimento sia stato percepito come un pretesto per una chiusura definitiva.
«La deroga concessa a strutture come Latisana e Tolmezzo dimostra che anche San Vito ha diritto a una valutazione equa e coerente», ha dichiarato, evidenziando l’importanza di mantenere un punto nascita strategico per il territorio, soprattutto in vista della rescissione della convenzione con il Policlinico San Giorgio.
La sentenza del Tar rappresenta solo l’ultimo capitolo di una vicenda complessa, che vede contrapposti cittadini e istituzioni, sicurezza e diritti.
Con il Tar che concede alla Regione 30 giorni per rettificare l’atto, il destino del punto nascita di San Vito resta sospeso tra speranze di riapertura e la ferma determinazione della giunta regionale a non scendere a compromessi.
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto