Protesta contro i negozi aperti pure il 2 giugno

Non tutti hanno scelto la strada dello shopping. Duz: «Una deregulation da rivedere»

«La Festa della Repubblica non si vende». 2 giugno e lotta sindacale con gli slogan di Filcams Cgil: contro le aperture, anche ieri, nei centri commerciali. Aperti due su tre: saracinesche alzate per Bennet, Emisfero, Pam, Mediaword, empori cinesi. Negozi in franchising aperti anche in centro storico. «Chiudiamo i negozi – la sindacalista Daniela Duz ha citato Giuliana Pigozzo segretario provinciale Cgil – e riempiamo i carrelli dei valori».

Politica assente. L’appello è alla politica. «Serve un atto di responsabilità della politica per modificare la legge sulle liberalizzazioni – ha ribadito Duz dopo il tavolo in Provincia sulla grande distribuzione –. E’ lampante il fallimento della liberalizzazione degli orari commerciali voluta dal decreto Salva Italia 2011 e il peggioramento delle condizioni di lavoro dei lavoratori a causa delle aperture domenicali e festive». Cambiare verso e legge, quindi. Filcams ha avvitato una campagna tricolore per sensibilizzare i consumatori e sostenere le iniziative della European Sunday Alliance al tavolo della consultazione della Commissione europea. Obiettivo: approvare le direttive che restituiscano valore alle domeniche, 2 giugno, primo maggio, Pasquetta e Ferragosto.

Nuove regole. «L’obiettivo è anche quello di far pressione affinché si torni a una legge che riconsegni alle istituzioni locali la possibilità di regolamentare le aperture – ha ripreso la sindacalista –. Attraverso il confronto con le associazioni di rappresentanza». La proposta di legge sugli orari in Parlamento non ha l’ok sindacale. L’obbligo di rispettare la chiusura per sei festività all’anno, non sarebbe vincolante per le imprese. «I commercianti sono liberi di aprire quando vogliono– hanno evidenziato allo sportello Filcams tanti lavoratori –. Se manca una regolamentazione concertata siamo nei guai».

Famiglie. “Liberalizzazione «uguale sfasciafamiglie». L’effetto è stato quello delle domeniche e feste sociali separate in famiglia: Duz ha rilevato la rassegnazione di tante commesse-mamme. Il guadagno è basso: circa 2 euro orari e il plus salariale del lavoro festivo nei centri commerciali è una miseria. «Mancano anche i servizi sociali per le mamme lavoratrici domenicali – ha rilevato la sindacalista Filcams -. La politica abbia il coraggio di cambiare questa situazione che non tutela i lavoratori”.

Il quarto Stato. «Una nuova immagine per denunciare le condizioni dei lavoratori costretti al lavoro festivo: è quella del quarto Stato». La campagna Filcams-Cgil traccia la metafora con il “caporalato” di due secoli fa: quello dei braccianti nel quadro-denuncia di Pellizza da Volpedo. Esagerati? «I lavoratori del commercio rivendicano migliori condizioni di lavoro e vita – anche Mauro Agricola vertice Uil-Tics ha espresso il sentimento della categoria –. Bisogna ripensare diritti e doveri sugli orari». L’altro grido di dolore è quello dei piccoli negozi in centro città. «Il piccolo commercio muore – dicono i sindacalisti a Pordenone –. Servono regole chiare».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto