Procura, forze dell’ordine, Aas 5: nasce il protocollo anti violenza

Nel 2015 al pronto soccorso del Santa Maria degli Angeli sono stati registrati 180 casi di violenza di genere. Ma il sommerso è altrettanto. Perché ancora troppe donne non hanno il coraggio di uscire allo scoperto e denunciare i loro carnefici. Il fenomeno non è in crescita: ad aumentare sono le denunce.
«Riteniamo che il numero di vittime di violenze – spiega Paola Toscani, responsabile della struttura semplice Igiene e tecnica ospedaliera – sia pari al doppio. Molte pazienti presentano lesioni sospette, compatibili con episodi di maltrattamenti, ma negano: dicono, per esempio, di essere cadute dalle scale».
Sovente i maltrattamenti o lo stalking sono il preludio di atti più gravi. Il femminicidio, però, spesso viene perpetrato «senza che vi siano rilevanti campanelli d’allarme». A sottolinearlo è il procuratore capo della Repubblica Marco Martani: «Le vittime non si rivolgono alle autorità. Invece, non dovrebbero mai sottovalutare certi segnali, quando superano un certo livello, bisogna subito interpellare le forze dell’ordine. Sono molte le misure applicabili, dall’intervento del questore con la diffida alla querela per atti persecutori». In caso di stalking, la legge prevede anche l’arresto in flagranza.
Un capitolo a parte è costituito dalle violenze sessuali che ora possono contare su un protocollo operativo di gestione che rappresenta un unicum nel suo genere. Frutto di un anno di lavoro, coordinato dal sostituto procuratore Monica Carraturo, la gestazione del documento ha visto lavorare fianco a fianco Procura, un pool nutrito dell’Azienda per l’assistenza sanitaria, Questura e Comando provinciale dei carabineri. L’atto finale è stato siglato ieri mattina nell’ufficio del procuratore capo della Repubblica Marco Martani. Con lui, a firmare il via libera al protocollo, c’erano il direttore generale dell’Aas 5 Giorgio Simon, il questore di Pordenone Diego Buso, il comandante provinciale dei carabinieri di Pordenone Mario Polito.
Si consegnano, così, nelle mani degli operatori sul campo, regole chiare in base alle quali muoversi, uguali per tutti.
Il protocollo disciplina le modalità di gestione dei casi di violenza sessuale (sia maschile che femminile), a partire dalla prima accoglienza della vittima di un reato sessuale in ospedale, affinché sia rispettosa dello stato d’animo e della privacy, efficace non solo per le esigenze di carattere terapeutico ma anche nell’acquisizione e conservazione delle prove (o dei reperti biologici) per individuare l’autore della violenza. Sono previsti corsi di formazione specifici per il personale sanitari. Tutti i casi di violenza, anche quelli che arrivano alle strutture ospedaliere periferiche, vengono centralizzate al Santa Maria degli Angeli.
Si delinea, inoltre, la corretta modalità di approccio psicologico alla vittima, distinguendo le modalità anche sulla base della sua età: per i minorenni sono previste procedure particolari, così come per i maggiorenni incapaci di intendere o di volere. Meritano una citazione tutti coloro che hanno partecipato attivamente alla stesura del protocollo: Fedora Nascimben, Paola Toscani e Lisa Zanchetta (Aas 5), il maggiore Salvino Macli (Comando provinciale dei carabinieri), sostituto commissario Fulvia Stolf, ispettore capo Massacese e il vicequestore aggiunto Massimo Olivotto (Questura).©RIPRODUZIONE RISERVATA
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