Pordenone, scelta Casa della fanciulla al posto della tendopoli

PORDENONE. Tramontata l’ipotesi di allestire una tendopoli nell’area dell’ex caserma Monti, in attesa della realizzazione entro ottobre del centro di prima accoglienza e smistamento profughi, prende quota l’ipotesi della Casa della fanciulla, in via Poffabro, di proprietà dell’Opera Sacra Famiglia.
Già nel 2014 fu adibita a tale funzione, poi, per motivi di sicurezza, venne scartata. Gli alpini, per l’adunata nazionale, eseguirono lavori di manutenzione che, integrati con quelli ora chiesti, potrebbero portare al via libera della prefettura.
Il prefetto Maria Rosaria Laganà, intanto, ieri mattina ha incontrato i sindaci dell’ambito del Pordenonese, per discutere il progetto di «accoglienza diffusa». Alcuni primi cittadini della provincia, tuttavia, prendono le distanze dal “piano Torrenti”.
Sostanziale via libera del Comune di Pordenone (c’erano il sindaco Claudio Pedrotti e l’assessore Vincenzo Romor): il territorio è al passo con i numeri ipotizzati, resterebbero da sistemare una dozzina di profughi. Porcia, con il sindaco Giuseppe Gaiarin: «Ospitiamo già due minori, ma non abbiamo strutture pubbliche. I numeri del piano sono sopportabili, se ognuno farà la sua parte. Valuteremo progetti di integrazione».
Roveredo in Piano ospita profughi in abitazioni: «Con l’Auser – spiega il sindaco Mara Giacomini – abbiamo promosso corsi di italiani. Sì all’accoglienza, accompagnata da attività lavorative».
I no, al vertice, sono stati quelli di Cordenons e San Quirino. «Gli inserimenti vanno fatti con criterio, per evitare tensioni sociali. Ho riserve – spiega Mario Ongaro – per la comunità che rappresento. A Cordenons la situazione è complessa e delicata: non credo avremo profughi. Manca il lavoro, le fabbriche chiudono: i sindaci non possono risolvere tutti i problemi del mondo».
Centri al villaggio del fanciullo, all’ex Monti, la moschea: «San Quirino – dice l’assessore Claudio Serafini – confina con tutte e tre le realtà, quindi di fatto i profughi li ha già. I due alloggi pubblici sono assegnati a persone bisognose del nostro comune e il consiglio comunale ha approvato un impegno a non ricevere profughi». Sino a qui i sindaci dell’ambito. Ma le fasce tricolori cominciano a prendere posizione in tutta la provincia.
Il pensiero del sindaco di Azzano Decimo, Marco Putto: «Se le regole saranno chiare e uguali per tutti, saremo pronti a fare la nostra parte, altrimenti no. La solidarietà e la responsabilità o sono per tutti, o chi di dovere si assuma da solo l’onere delle scelte». La minoranza di Casarsa “Per cambiare” chiede al sindaco Lavinia Clarotto la convocazione urgente dei capigruppo: «Difficile si possa sopportare questo ulteriore onere».
No all’accoglienza, per Markus Maurmair, Valvasone Arzene: «E’ l’ennesimo scaricabarile dall’alto verso il basso. Sono stanco di dover mettere la faccia per coprire le mancanze di altri che, per di più, fa anche lo “splendido” promettendo soluzioni miracolose. È accaduto negli ultimi anni con le tasse, per le quali i comuni sono chiamati a fare da nuovi gabellieri, mentre qualcuno promette bonus ed euro in più, poi scoprire che a ogni convenienza elettorale si promettono nuove opere, come nel caso della buona scuola».
Pollice verso, infine, anche dal sindaco di Brugnera Ivo Moras: «Non abbiamo nessuna struttura pubblica disponibile e anche ce ne fossero non verranno messe a disposizione dell’accoglienza dei clandestini. L’unico hotel, già interpellato, non ha dato la propria disponibilità; i privati che vorranno farlo troveranno l’amministrazione che attuerà tutte le forme legali di protesta per dissuaderli. Prima i nostri cittadini, i nostri anziani, disoccupati, cassaintegrati, esodati».
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