Pordenone, palestra con vista e Skype nella casa di riposo 2.0

Collegamenti video per poter parlare con i familiari e attività di laboratorio. Al Comune una collana di ricordi su piazza della Motta «che sogniamo pedonale»

Attraversi una delle piazzette storiche di Pordenone, quella della Motta, varchi una doppia porta a vetri e ti trovi in un salone simile a un’altra piazza, magari frequentata da gente di una “certa età”, ma sempre una piazza. Uomini e donne di una provincia intera, quella di Pordenone, che chiacchierano, guardano oltre la vetrata con vista in uno dei panorami più chic della città (verso il parco del Noncello e l’abside del duomo San Marco), ma solo perché fa molto caldo. Altrimenti, c’è una spaziosa terrazza, che permette di unire questa realtà al tessuto sociale, senza restrizioni particolari. Benvenuti alla casa di riposo Umberto I, oggi denominata “Azienda per i servizi alla persona”.

Il “tour” con la coordinatrice di sede Ilaria De Leo parte dal salone di bellezza, dove una delle due parrucchiere, Orietta Pilotto, sta facendo una messa in piega, mentre un paio di clienti sono ormai sotto il casco, alle battute finali del loro appuntamento settimanale. E’ la cartina di tornasole del fatto che, una volta qui, le vecchie e buone abitudini si mantengono. In alcuni periodi dell’anno arrivano anche le studentesse dello Ial, per uno stage: portano vitalità e si rapportano con alcuni aspetti della vita carichi di storia. Qua dentro, all’Umberto I, nessuno è un numero, tantomeno una cartella clinica.

Attraversiamo i servizi “alberghieri”, la manutenzione, la lavanderia e approdiamo in cucina dove il team di Simone Burigotto sta preparando risotto alla parmigiana, cernia al forno con verdure e fagiolini come contorno, tutto naturalmente espresso. «La cucina – dice – segue le linee guida dell’Azienda sanitaria, che modifichiamo sulla base del gradimento e delle situazioni di ciascun ospite». Le patologie più comuni, da tenere sott’occhio e e monitorate dalla dietista, sono il diabete e il peso forma. Pranzo e cena sono serviti nella sala comune e, per chi non può, nei singoli nuclei. Tra i progetti, la creazione di un forno, per preparare il pane, magari con l’aiuto dei ragazzi dello Ial.

Al terzo piano, il gioiello in mansarda, la palestra con vista sul Noncello, sino al 2006 “relegata” in un seminterrato. Dal lunedì al venerdì vi operano due fisioterapiste e altrettante operatrici di assistenza. Valutate le capacità residue, viene elaborato un piano di lavoro personale, oltre che la ginnastica di gruppo che, durante la bella stagione, si effettua ai Giardini Cattaneo, grazie alla collaborazione delle suore del Vendramini che prestano le sedie e dei familiari: le uscite, insomma, costituiscono un momento di socialità. Qui, tra coloro che si cimentano sulla cyclette e quelli che affrontano il percorso motorio protetto, «si vive in un’oasi di respiro e tranquillità», come ama ripetere la “storica” (ma non certo di età) fisioterapista Maria Pia Fabbro: «Gli ospiti che cercano tranquillità vengono qui. Le finestre permettono di vedere il mondo esterno. Alle 7.30 le prime persone salgono autonomamente e si mettono a... lavorare». Nelle operatrici vedono persone di cui fidarsi, punti saldi quando il fisico diventa fragile tra mura che trasmettono affetto già dai colori, azzurro, marrone del legno, arancione: «E’ una missione – rileva il vicepresidente della struttura Virginio Beacco –. Non tutti hanno questa predisposizione all’ambito geriatrico. Se una persona non si allena rischia di perdere l’autostima».

Tra l’agorà, la piazza del piano terra, e il terzo, quello del relax della palestra, si trovano i quattro nuclei, su due piani. «In ciascun nucleo vi sono gli ospiti con le medesime caratteristiche», premette Lidia Dalla Libera, coordinatrice infermieristica e di piano. Nel nucleo azzurro, 17 posti letto per ospiti allettati, «ma alzati quotidianamente più volte», in quello arancione 38, «lucidi e orientati, con problemi fisici e funzionali», anche nell’ala che, sino agli anni Ottanta, era adibita ad appartamenti delle suore; al secondo piano, nel verde, i 17 parzialmente autosufficienti o con compromissioni fisiche, nel rosa i 35 affetti da demenze. In totale, 106 posti letto che, con l’autorizzazione all’utilizzo di altri quattro, saliranno a quota 110. Le stanze sono singole, doppie o triple, nuove, e spesso l’ospite ci mette la sua “firma”, ricreando l’ambiente famigliare. Qualcuno s’è portato da casa pc e televisione, libri e cd. Tra pochi mesi sarà installato Skype, che permetterà agli ospiti di dare la buona notte alla propria famiglia o agli amici o ai parenti all’estero. Sarà un’opportunità anche per gestire i risvegli. La prova generale in questi giorni, quando una 94enne ha ricevuto la videochiamata della sorella residente in Puglia che non vedeva da dieci anni. Se il progetto va in porto, sarà routine. «Nel piano individuale la famiglia viene sempre coinvolta, perché è il soggetto che meglio conosce l’ospite». Nella struttura operano cinque medici di famiglia, a breve servizi i terapia e cartelle saranno informatizzati.

Al mattino la sveglia è variabile, con i primi risvegli alle 6.15 e l’assistenza «sulla base delle singole esperienze». Igiene “robusta”, colazione al piano o in salone, quindi le alzate sino a metà mattina. Chi vuole resta nella sala di piano, altrimenti nel salone comune con due animatori professionali. «Ogni ospite ha un piano personalizzato, un programma quotidiano che viene continuamente ricalibrato, sulla base delle indicazioni di tutti i professionisti». Pranzo nella sala che ricalca il ristorante (dove si tengono anche i grandi eventi, come a Natale, con i familiari), quindi il riposino, in camera o in poltrona, le visite dei parenti – possono accedere a qualsiasi ora del giorno –, le attività sino alla cena. Sono una quindicina i volontari che ruotano attorno alla struttura, per la parte ludica, religiosa, la lettura del giornale, le uscite al parco, in gruppi. «Per le signore è molto importante il giro al mercato». Nei fine settimana l’animazione è al top: «I cori alpini ci danno una grossa mano».

Il tour si chiude nel centro diurno, dove si tengono la maggior parte delle attività, con due educatrici professionali. I laboratori del mattino sono frequentati da una sessantina di ospiti, pochi di meno nel pomeriggio. E’ il centro della socialità, dove le persone vengono stimolate a stare insieme. Tra le proposte, quella di cucina: è il momento dei ricordi, occasione per scrivere un libro sulle vecchie ricette. All’assessore Martina Toffolo è stata consegnata una raccolta sulla vecchia piazza della Motta, realizzata esclusivamente sulla base dei ricordi degli ospiti della Umberto I. Il sogno, anche loro, è di vederla pedonalizzata. Un giornalino raccoglie annedoti, storie di vita.

L’ultima parte della struttura – che conta 17 dipendenti e 3,4 milioni di euro per appalti e utenze – comprende gli uffici amministrativi e la direzione. Presidente dell’Asp è Miria Coan, vice Virginio Beacco, consiglieri Gianfranco Gaspardo, Renato Del Pup e Marco Marcolin; un cda «molto coeso dove ognuno porta la sua esperienza». Direttore generale Giovanni Di Prima. Due i cordinatori di sede, uno per la Umberto I e uno per Casa Serena (243 non autosufficienti, 8 autosufficienti, oltre a 20 posti Rsa) perché, dal primo gennaio prossimo, costituiranno un’unica struttura. Tale operazione ha permesso di mantenere la retta bloccata da tre anni – 72,10 euro al giorno, da cui va scalato il contributo regionale di 16,60 euro – elevando quella di Casa Serena per giungere all’equiparazione.

La visita è finita. Qualche numero: il 60 per cento degli ospiti risiede fuori Pordenone (Porcia non ha case di riposo, a Sacile i tempi di accesso sono lunghi), specie dalla fascia ovest della provincia. La lista di attesa si aggira sulla cinquantina di persone, per una media di permanenza di tre anni. Chiudiamo con un pensiero di Virginio Beacco: «Forse è utopia oppure no vedere la nostra struttura proiettata al 2025-2030 con programmi che possano realmente soddisfare le nuove esigenze dell’invecchiamento attivo, quali la cultura, lo sport, il relax e lo scambio interculturale. Noi ci proviamo». Perché il futuro è oggi.

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