Pordenone, le necropoli cancellate negli anni del boom dell’edilizia

Via Vallona e via Revedole custodivano reperti antichi Lo storico Franco Serafini: non si ripetano gli stessi errori
PORDENONE. Ai margini di una bassura, a Pordenone, c’erano due necropoli: quella lungo via Vallona, la “cava degli arsus”, e i resti di capanne preistoriche sul terrazzamento di via Revedole, dove oggi insiste la Curia.




È una ricerca dello storico Franco Serafini ad approfondire un altro tassello di storia cittadina, attualizzato con un appello-esortazione: «Mi auguro che in futuro, in occasioni di interventi edilizi sviluppati all’interno o all’esterno delle antiche mura di Pordenone, ci sia una maggiore sensibilità da parte di tutti, per far recuperare dalla Soprintendenza le testimonianze di un passato che possono sempre emergere, le quali verrebbero ancora di più a nobilitare la nostra città».




«Chi percorre viale della Libertà – comincia Serafini – può ancora notare, in prossimità della chiesa del Beato Odorico, i resti di un grande avvallamento che è stato bonificato nel dopoguerra per l’espansione urbanistica: si estendeva da via Vallona sino al laghetto Tomadini (dove oggi c’è l’Interspar).




Ai margini di questa depressione emersero testimonianze di una antica necropoli quando venne eseguito lo spianamento di un terreno posto lungo via Vallona, identificabile nella frase tratta dalla Cronaca Patria di Osvaldo Ravenna: “…Nella spianata che fu eseguita nel 1686 dei Monticelli alla Vallona, furono trovate ossa gigantesche, medaglie antichissime, dardi arrugginiti…”. Questa testimonianza ci permette di comprendere che tra la via Vallona e la riva destra della depressione venne distrutta verso la fine del ‘600 un’ampia zona di tombe a tumulo».




Analogamente, in prossimità della riva sinistra, «sotto la via Rive Fontane c’erano fino agli anni ’50 dei terreni incolti con delle elevazioni al termine di campi coltivati, che appartenevano alla proprietà della casa colonica ancora esistente e prossima all’attuale cavalcavia di viale Venezia.




L’estensione di questi campi aveva come confini a levante e a ponente due ruscelli ancora in parte visibili. Il primo è individuabile tra le vie Rive Fontane e Gabbana - chiamato oggi scolo pubblico Peschiera - mentre l’altro lo si nota all’inizio di via Confalonieri e viale della Libertà.




Le elevazioni del terreno incolto si estendevano nell’area dove oggi sono posti il condominio Rhoss e il distributore di benzina. Il loro spianamento risale alla primavera del 1954 quando vennero distrutte varie tombe a tumulo romane con inumati e con cremati posti in anfore. Un luogo che la tradizione orale, tramandata tra gli abitanti di Torre, lo indicava come “la cava dei arsùs” (arsus, arsi, bruciati). Questo antico ed esteso luogo tombale venne scoperto tra il 1941 e il 1949 dal conte Giuseppe di Ragogna che cercò invano di ostacolare il livellamento dei terreni».




Non si può quindi escludere che «se questo luogo tombale di epoca romana, posto alla sinistra dell’ampia depressione, era utilizzato da coloro che abitavano in antico nella zona dove poi sorgerà Torre, quello precedentemente segnalato prossimo a via Vallona fosse utilizzato da altri, insediatisi però su quel terrazzamento che poi diverrà Pordenone (la Motta) e pertanto non è improbabile che in futuro, sulle alture dove sorse Pordenone, possano emergere testimonianze di tale epoca, durante gli scavi edili».




Quanto al terrazzamento a lato di via Revedole (che in origine era l’antico sentiero che conduceva da Torre al Noncello) furono rinvenuti selci lavorate e frammenti di vasi in cotto in pasta prima che venisse edificato un complesso residenziale. «Furono rilevate tracce di dispersioni di frammenti ceramici in tre aree ovoidali, appartenenti a fondi di capanna preistorica».




Nonostante l’appello di intervento della Soprintendenza, si procedette col progetto di edificazione della nuova curia e «così venne demolita quella casa colonica posta sopra il terrazzamento, perdendo un’altra occasione per esaminare un luogo che sarebbe stato di notevole interesse per la ricostruzione della nostra storia più antica, sviluppatasi lungo il Noncello». (e.l.)


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