Pordenone, il sequestro del deposito Giordani: "Non è con i sigilli che si aiuta la città"

PORDENONE. I sigilli al Deposito Giordani suonano come uno schiaffo in faccia alla città della musica. I gestori e organizzatori si limitano a prendere atto di quanto formalizzato con il decreto di sequestro preventivo notificato dalla magistratura, ma l’amarezza è tanta.
L’attività è curata dalla cooperativa “Nuove tecniche” e dall’associazione “Il Deposito” e da un paio d’anni non ci sono più finanziamenti comunali a sostegno dell’unica sala concerti della città, una realtà come ce ne sono poche nel panorama nazionale.
In attesa che rientri l’avvocato della cooperativa – i sigilli sono stati apposti alla vigilia di un ponte festivo – e che il Deposito capisca come poter mettersi in regola e ripartire quanto prima, il presidente della cooperativa, Fabio Dubolino, concede solo poche dichiarazioni.
«Aspettiamo gli esiti dell’indagine – dice –, come è giusto che sia. Ci dispiace per il pubblico che subisce un disagio. Siamo convinti che il dialogo resti il modo migliore per contemperare le esigenze dei residenti e dell’impresa».
Negli ultimi mesi anche i tecnici dell’Arpa sono stati a fare rilevamenti. In occasione di un concerto i valori sono risultati di poco superiori ai limiti, ma il Deposito avrebbe potuto chiedere e ottenere una deroga per quell’evento per cui gli organizzatori sono propensi a ritenere che non siano quelle le motivazioni ad aver inciso sul provvedimento.
«Con gli abitanti della zona i problemi sembrano essersi ridimensionati da tempo – è il commento di Attilio Perissinotti, raggiunto al telefono a Londra –. E’ stato spostato al parcheggio, da alcuni anni ci sono i vigilantes per evitare assembramenti fuori dal locale, senza contare che gli orari dei concerti sono stati anticipati proprio per evitare disagi ai residenti.
Diciamo che il provvedimento arriva davvero all’improvviso. In più non sarebbe stato male essere convocati invece che trovarci i sigilli il sabato mattina. Per fortuna il concerto serale è stato fatto. Attendiamo di capire di più, ovviamente dispiace».
Dispiace anche perché il Deposito è ormai l’unico posto in città in cui sembrava si potesse fare e ascoltare musica dal vivo.
L’auspicio degli organizzatori e dei clienti è che l’attività possa ricominciare quanto prima. Sconcertato per quanto avvenuto è anche Roberto De Filippo (Plastic), che la scorsa estate è riuscito nel difficile compito di riportare un po’ di musica nei locali del centro – rigorosamente acustica – grazie all’ordinanza del sindaco (promossa trasversalmente dai consiglieri Emanuele Loperfido, Riccardo Piccinato, Marco Salvador e Fausto Tomasello) che prorogava l’orario per suonare nel fine settimana.
«Purtoppo siamo in un clima di intolleranza crescente – dice De Filippo – e le persone sembrano senza memoria, incapaci di ricordare il valore della musica nelle lore vite. Il caso del Deposito è emblematico: se continuiamo ad abbassare i decibel non si potrà più suonare nemmeno all’Interporto o in Comina! Rendiamoci conto che stiamo togliendo tutto a questa città e poi ci chiediamo perché i nostri ragazzi scappano da Pordenone.
Dobbiamo a tornare al rispetto reciproco, non a quello a senso unico. Io ho sempre ritenuto fondamentale il rispetto dei residenti, ma se i bisogni di pochi condizionano quelli della maggioranza della comunità c’è qualcosa che non funziona. Smettiamo di considerare la musica come rumore».
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