Pontebba e Chiusaforte, la distruzione nelle frazioni

PONTEBBA-CHIUSAFORTE. A Pontebba nello scalo ferroviario i fili delle linee elettriche si toccavano e provocavano scintille. A Chiusaforte la strada che portava in val Raccolana era interrotta dai grandi massi che scendevano dalle montagne. La sera del 6 maggio le scosse di terremoto distrussero anche il canal del Ferro.
A Chiusaforte scattò «il si salvi chi può» ricorda l’ex consigliere comunale e segretario comunale della Democrazia cristiana, Vittorio Piussi, che all’epoca sedeva tra i banchi dell’opposizione. «Quella notte - prosegue - io e il sindaco Umberto Battistutti, andammo a piedi in val Raccolana. Era la zona più distrutta».
Qui gli amministratori trovarono la gente terrorizzata, aveva visto l’inferno. Se le case di Chiusaforte, ubicate sulla roccia, erano lesionate, quelle della val Raccolana erano irrecuperabili. «Era un momento tragico, non sapevamo cosa fare anche se, già il giorno dopo, la gente iniziò a rimboccarsi le maniche. La frazione di Roveredo era la più colpita dalle frane» ricorda, Sergio De Monte, uno degli amministratori di allora che forte dell’amicizia che lo legava all’alpinista Riccardo Cassin, gli chiese una mano per risolvere il problema. «Cassin mandò a Roveredo una squadra del Cai di Lecco che rimosse quello che doveva muovere».
Entrambi gli amministratori apprezzano l’intervento dei militari che già quella notte misero a disposizione delle famiglie rimaste senza case le tende e organizzarono le cucine da campo. La mattina successiva era già funzionante. Nel Dvd realizzato dal comune di Chiusaforte “Anime e pietre ferite”, il colonnello Giancarlo Boscardin, in servizio, quella notte, nella caserma “Zucchi”, racconta quella terribile notte.
«Molti militari si trovavano nella sala cinema e scambiarono il rumore del terremoto con un problema al sonoro del film. Sentii tremare sotto i piedi e dissi “tutti fuori”. Nel cortile non capivamo se eravamo noi a ballare o se le montagne ci venivano addosso». Anche nel cortile della caserma “Zucchi”, i militari videro le fiammate provocate dai sassi che cadendo urtavano i cavi dell’alta tensione.
«In 20 minuti - aggiunge Boscardin - decidemmo di tirar fuori, con la pila tra i denti, tutti i mezzi che avevamo a disposizione e di allestire la tendopoli nel campo da calcio». Con il Comune gli alpini allestirono il centro operativo nel magazzino della caserma dove la sera dopo arrivò il primo camion di aiuti da Brescia.
A vedere la morte in faccia fu Claudio Della Mea, un operaio che la sera del 6 maggio si trovava al bar Da Gardo, a Majano dove morirono molte persone. Alle 3 di notte, Della Mea partì da solo verso Chiusaforte. Era preoccupato.

Aveva un fratello e uno zio a Gemona, la madre a Piani. Vide i morti in strada a Osoppo, arrivò a Piani il giorno seguente. «Sono ricordi - afferma nel Dvd - impossibile da cancellare dalla mente». Della Mea ricorda bene anche l’inverno passato in tenda nella piccola frazione di Chiusaforte. In queste montagne arrivarono anche i volontari di Lecco, allestirono il campo Mandi, e ristrutturarono le case facendo turni settimanali.
Analoga la situazione a Pontebba anche se l’ex sindaco Luigi Clauderotti, preferirebbe non ricordare più quei momenti. «Un terremoto - spiega - è come quando un soldato torna dalla guerra e preferisce non ricordare la tragedia». Lo fa perché sa che a distanza di tempo anche la tragedia diventa un fatto storico. «Ero a casa, stavo cenando.
Arrivò la prima scossa, presi mia figlia in braccio che aveva appena un anno e mi diressi verso la finestra che si affacciava sullo scalo ferroviario. Vidi una scena apocalittica. Il movimento ondulatorio e sussultorio univa i fili della linea di corrente e da qui si sprigionavano fiammate rosse».
Dalla descrizione sembra di cogliere il terrore che in quel momento provò l’ex sindaco. Il traffico ferroviario venne interrotto, l’intera linea era stata danneggiata dalle frane e dai crolli. «Fu ripristinata in tempi rapidi rispetto alla distruzione che c’era tutto intorno - continua Clauderotti - nel giro di una ventina di giorni i treni tornarono a circolare».
L’ex sindaco ricorda anche il contributo ricevuto dalle Ferrovie dello Stato che misero a disposizione della gente diversi vagoni. San Leopoldo era la frazione che aveva subito più danni di altre. «Caddero - chiarisce l’ex amministratore - le case tedesche costruite sulla roccia senza fondamenta».
Clauderotti si rammarica solo per la demolizione della scuola materna. «Era un edificio molto bello, costruito agli inizi del Novecento» aggiunge lasciandosi andare a una considerazione fatta con il senno di poi: «Pontebba, comune disastrato, avrebbe potuto pretendere di più. È stata molto, forse troppo, educata nel chiedere».
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