Poliziotto uccide la moglie e si spara Il fratello: distrutti, un fatto inspiegabile FOTO 1 / 2

Giovanni Ghersina e i genitori chiusi nel dolore nella casa di Lungis di Socchieve dove la famiglia risiede da quindici anni

SOCCHIEVE. «Vi prego, non chiedetemi nulla. Fra un paio di giorni sarò a vostra completa disposizione. Sono distrutto, è successo una cosa incredibile, inaspettata. Siamo distrutti». È gentile, ma decisa la risposta di Giovanni Ghersina, fratello di Gabriele, il poliziotto che a Padova ha compiuto il drammatico gesto di sparare alla propria moglie e quindi di rivolgere il revolver contro se stesso. «Ora sono qui, dai miei genitori, siamo distrutti». Accettiamo la loro decisione di chiudersi nel proprio dolore per questo dramma che tocca tutti.

A Lungis, piccola frazione di Socchieve a 500 metri di quota, i genitori di Gabriele e Giovanni hanno deciso di porre le basi per il “buen ritiro”. Qui Lia e Mario, ex ferroviere, sono giunti una quindicina di anni or sono da Trieste: hanno acquistato una villetta alla periferia del paese, defilata dalle altre abitazioni, nascosta alla vista da un contrafforte e da alcuni alberi. In paese, poche decine di persone, la notizia di quanto accaduto nella città patavina incomincia a spargersi nel tardo pomeriggio. La bella giornata, dopo tante altre di pioggia, ha indotto la gente a effettuare i lavori nei campi.

Non c’è spazio per sentire la radio o la tv: solo al rientro a casa le prime indiscrezioni e qualcuno si reca in piazza per verificare l’accaduto. Stupore, incredulità: pare che simili tragedie non possano contaminare anche questi posti. Gabriele non si recava spesso a Lungis. «Erano anni che non lo vedevamo quassù», raccontano alcuni abitanti. Gabriele infatti aveva frequentato il 46esimo corso della scuola di Polizia a Trieste, poi era stato impegnato a Bolzano, quindi il definitivo trasferimento al reparto mobile di Padova dove ora lavorava. Qualcun altro ricorda invece il fratello Giovanni, di 30 anni: «Era ancora un ragazzino, e veniva a vedere le mucche nella mia stalla». Gabriele, oramai adulto, era già andato via da casa e le sue visite ai genitori passavano inosservate, vista la disposizione della casa rispetto al paesino.

Ora il pensiero va ai due genitori: «Persone affabili, che non frequentano osterie, gente buona, normale, ben integrata che si è fatta voler bene», dicono. «Vivono tranquillamente la loro vita», aggiunge la gente di Lungis. Nella vicina Quinis, dove si trovano alcuni esercizi commerciali, Giuditta Danelon, farmacista del paese, racconta dell’affabilità di questa coppia. «Li conosco bene, mia figlia studiava con Giovanni: sono coetanei». Anche lei è sorpresa, le pare impossibile quanto accaduto. «Vedo Mario ogni giorno quando viene a prendere il giornale e il pane e spesso beviamo il caffè assieme: Lia accompagnava sempre i suoi amici del Cai triestino alla scoperta della nostra vallata. Non si meritavano un simile dolore». «Persone ben integrate con il paese», commenta ancora il medico Diego Antoniacomi.

Davanti al municipio ci sono il sindaco Roberto Fachin e il vice Albino Toson, reduci da una riunione di giunta. Il tema però è il dramma che tocca oltre ai Ghersina il paese intero. «Persone affabilissime, sempre pronte a dare una mano a chi ne aveva bisogno. Una disgrazia di tutta la nostra collettività», dicono.

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