Polava, l’oasi della pace buddhista

di Domenico Pecile
SAVOGNA
Sono le 8.30 di domenica. Ghesce Lobsang Pendhe – mani intrecciate dietro la schiena, sandali ai piedi - cammina lungo la strada che da Polava porta verso l’ex Jugoslavia. E’ un arzillo ometto. Indossa l’abito monacale rosso-bordeaux. Il braccio destro è scoperto come prescrive la regola buddhista (è uno dei 253 voti che deve rispettare). Rientriamo a Polava, sopra Cepletischis, nel Centro Cian Ciub Ciö Ling, due case, due sale di meditazione (quella dei mille Buddha e quelle frequentata da chi ci arriva per cercare la pace interiore). Vive lì dal 2000, da quando ha sostituito il maestro Ghesce Yesce Tobden, suo maestro. Vive in una casetta “normale”. Ci sono molti libri di tutte le tradizioni religiose come ha richiesto espressamente il Dalai Lama. C’è un televisore, un pc portatile con centinaia di testi. Spesso si connette con Free Asia dove ascolta le ultime notizie dal Tibet.
Accattivante. Sereno. Tranquillo. Ma anche pigro (ha ancora bisogno del traduttore quando parla durante gli “insegnamenti”). Arrivano da tutto il Friuli, gli ospiti. Ma anche dal Veneto e dal Trentino. Ne può ospitare fino a 60. Trascorrono la domenica in quello che a Polava è diventato un tempio buddhista. Per gratitudine lasciano qualche dono: riso, pasta, frutta, ragu, qualche euro. Il monaco vive di questo. Si alza alle 5.30. Fa offerte di acqua e incenso, accende lumini, medita; fino alle 7.30 si dedica alle pratiche personali. Dopo la colazione va nel tempio dove fa le offerte e le preghiere del buon auspicio. Poi torna in camera sua e medita fino a ridosso del pranzo che il più delle volte prepara lui stesso (ama particolarmente la pastasciutta; soltanto il vino è vietato ai monaci). Dopo pranzo s’incammina; se accompagnato si allontana parecchio. Quando rientra si concede una breve dormita: 10 minuti al massimo. Poi si dedica allo studio prima di un’altra meditazione. Alle 18.30 cena (un pasto frugale). Accende la Tv, segue i telegiornali, quindi va a dormire.
Gli chiedono consigli, aiuto, gli ospiti. Si rivolgono a lui anche per situazioni difficili, a volte drammatiche. Racconta di una donna del Cividalese che è arrivata a Polava perché affetta da tumore. Gli ha chiesto di pregare per lei. Lui ha effettuato la pratica del Ton Len (dare e ricevere). «Le ho spiegato – rivela – che la preghiera non ha nessun potere se non quello di corroborare lo spirito e che tutto dipende dalle cure chemioterapiche».
Il monaco è soprattutto tollerante. Dice: «Visto che tutti desidererebbero un mondo di pace, sarebbe indispensabile che tutti gli appartenenti alle varie religioni avessero una mente molto aperta e che soprattutto che non si ritenessero migliori degli altri». Non ha preclusioni. Non ha pregiudizi. Non vuole convertire. Non vuole fagocitare. «Essere cristiani - dice - significa seguire gli insegnamenti di Cristo. Essere buddhisti, seguire quelli di Buddha». Medita, medita moltissimo. Molte ore al giorno. Medita perché «lo scopo principale del Buddhismo - dice ancora – è quello di migliorare la propria mente e renderla quanto più felice e pacifica. Uno può avere tutto ciò che desidera, ma se la sua mente non è felice e pacifica non serve a nulla. Se sei in pace con te stesso, se sei sereno, tutto quello che hai e che fai è bello: bello mangiare, dormire, stare in compagnia, meditare. Soltanto se sei sereno e pacifico puoi regalare serenità e tranquillità».
Sorride a tutto tondo, mentre sorseggia il the. Si prende una pausa. Gli piace parlare. A volte, durante gli insegnamenti gli fanno cenno di stringere. Lui sorride e si interrompe dopo aver chiesto scusa. Già, ma un monaco buddhista (lui è un Ghese che è il più alto titolo conseguito dopo 25 anni di studio e rilasciato dalle tre università monastiche) non ha mai paura, timori, sensazioni di solitudine? Ghese Lobsang ascolta Massimo, il suo traduttore, un insegnante di sci di Verona. Parla. Improvvisamente il tono cambia, la voce si altera. Piange un attimo. Un attimo soltanto. «Non ho paure, tristezze. Ma quando penso al Dalai Lama e alle sue preoccupazioni per il Tibet... Ma so che il Dalai Lama è sulla via per diventare un Buddha e so che questo momento di tristezza non ha seno perchè lui non è triste e perché qualsiasi cosa accada, anche ai miei famigliari, fa parte del ciclo dell’esistenza».
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Si alza verso le 5.30 e fa offerte di acqua
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