Polarizzazione, perdita, paradosso: le 3P economiche a Nordest

Nelle famiglie l’epoca del Covid genera scetticismo per mancanza di sicurezze e prospettive
Un momento della manifestazione degli infermieri sotto la sede della regione Liguria, che protestano per il rinnovo del contratto e il loro riconoscimento nella sanita'. Genova, 25 Giugno 2020. ANSA/LUCA ZENNARO
Un momento della manifestazione degli infermieri sotto la sede della regione Liguria, che protestano per il rinnovo del contratto e il loro riconoscimento nella sanita'. Genova, 25 Giugno 2020. ANSA/LUCA ZENNARO

UDINE. Polarizzazione, perdita e paradosso: sono le “3P” che caratterizzano le situazioni economiche delle famiglie nordestine nell’epoca Covid. Polarizzazione perché la pandemia tende ad approfondire le divisioni delle condizioni finanziarie delle famiglie, così come del sistema produttivo. Perdita rappresenta la dimensione della fiducia sulle prospettive future che si erode progressivamente. Paradosso poiché in una situazione incerta come l’attuale si fatica a comprendere correttamente la realtà, lasciando spazio a interpretazioni contraddittorie.

Le ricerche sulla popolazione (Reputation Science per Open Fiber) evidenziano, infatti, un paradosso: è in corso una recessione economica, ma le famiglie l’avvertono in modo distorto. La serie storica (dal 2013 a oggi) mostra come il sentiment sui mutamenti intervenuti nelle condizioni economiche degli ultimi anni nel 2020 risulti un leggero miglioramento.

Seppure in misura contenuta, nel Nordest aumentano quanti hanno avvertito un miglioramento (oggi al 18,1%, era il 13,8% nel 2019), e in misura superiore alla media nazionale (11,9%). Mentre diminuisce chi vive un peggioramento (35,7%, dal 41,3% del 2019). Tale percezione meno negativa rispetto a tutta la serie storica si può spiegare col fatto che nei periodi di lockdown i consumi sono diminuiti, aumentando le risorse disponibili, testimoniate anche dall’aumento delle riserve bancarie.

Il secondo paradosso riguarda le prospettive future della propria situazione finanziaria: aumenta chi prevede resterà invariata (56,2%, dal 50,4% del 2019), diminuisce leggermente quanti ritengono di peggiorare (30,5%, dal 34,6%), ma soprattutto continua a calare chi attende di poter migliorare (12,8%, dal 41,2% del 2013). Da un lato, conferma l’idea di un paese bloccato nelle prospettive, dove sempre meno persone hanno una prospettiva di sviluppo: gli unici che più di altri la sostengono sono gli imprenditori (24,3%), mentre la maggioranza spera di poter contenere l’erosione delle risorse.

Orientamento confermato dal calo dei pochi investimenti e dai consumi che restano al palo. Dall’altro lato, la previsione che riguarda l’economia regionale, piuttosto che quella nazionale ed europea è invece segnata marcatamente in senso negativo. La maggioranza prefigura una forte crescita delle difficoltà per il proprio territorio (50,7%, 38,8% nel 2019), soprattutto per l’Italia (71,3%, dal 59,4%), ma anche l’Europa non se la passa meglio (50,9%, dal 47,1%).

Il paradosso, a sua volta, mette in luce, una polarizzazione fra l’auspicare di riuscire a mantenere le proprie condizioni, seppure in un contesto economico che peggiora progressivamente. Quanto tale immaginario sia indotto dalle misure introdotte a salvaguardia del lavoro e dai diversi bonus elargiti in questi, e nei prossimi, mesi è tutto da verificare. Si è però creato una sorta di limbo, di sospensione della realtà, i cui effetti si manifesteranno appieno non appena i vincoli posti cadranno, e qualche avvisaglia negativa s’è già manifestata nelle scorse settimane.

La somma delle indicazioni fin qui ottenute consente di creare un indice di fiducia nel futuro dei nordestini che negli anni peggiora progressivamente e, nell’epoca della pandemia, evidenzia una polarizzazione: il senso di incertezza verso il futuro (27,2%, soprattutto fra i veneti: 28,0%) e un novero costante e maggioritario di pessimisti (61,1%), lasciano il passo a un incremento di ottimisti (11,7%, soprattutto fra i friul-giuliani: 18,8%). Come se la società gradualmente si dividesse fra chi, una minoranza, pur nelle difficoltà generate dal virus, avesse ancora un’aspettativa (o una speranza) di fiducia sul futuro (soprattutto anziani, imprenditori), da un lato. E, dall’altro, una platea sempre più larga fosse segnata dallo scetticismo (in particolare donne, occupati, laureati).

Scetticismo che nasce da un senso di perdita: di sicurezze, di prospettive. Tant’è che i problemi che più preoccupano i nordestini per i prossimi anni sono il futuro dei giovani (27,3%), il peggioramento ambientale (22,4%) e la disoccupazione (18,3%). La diffusione della pandemia (9,5%) è più distante nella classifica, assieme al costo della vita (9,0%). Futuro delle nuove generazioni, problemi ambientali e lavoro sono le dimensioni che inquietano maggiormente.

L’incertezza, la direzione confusa intrapresa per fronteggiare la pandemia ingessano ancor di più un paese bloccato ed erodono ulteriormente una fiducia già messa a dura prova dalla lunga fase di difficoltà economica, peraltro tutt’ora aperta. Per crescere sono necessari investimenti nelle imprese e nei lavoratori. Ma se non si sostiene parimenti il sentimento di fiducia – che nasce da una visione definita del futuro – il rischio di un regresso è reale.

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