Plasma infetto, è caccia al donatore

In Toscana distrutte 13.900 sacche di sangue, 3.300 provenivano dal Friuli. Ora si cerca l’identità del malato

PORDENONE. Epatite C in sacche di plasma analizzate nei laboratori toscani dell’azienda ospedaliera di Pisa e Siena. E in mezzo ci finisce anche il Friuli Venezia Giulia. Le sacche di sangue infetto - complessivamente 13 mila 900 - provenivano in gran parte dalla Toscana, ma 3 mila 300 appartenevano a donatori friulani (60 mila le trasfusioni effettuate in un anno).

Dal nostro territorio, infatti, le sacche di plasma vengono inviate alla ditta lucchese Kedrion la quale si occupa della produzione di farmaci emoderivati. Ed è proprio l’azienda che s’è accorta della presenza di sangue infetto, tant’è che l’intera partita, ormai mescolata, è stata distrutta per evitare infezioni.

Capire se l’epatite C provenga da una sacca friulana o da una Toscana è ancora tutto da verificare. Di certo le donazioni contenenti il virus dell’epatite C sono state effettuate nel 2012.

Ora scattano le verifiche che in Toscana hanno comportato il “richiamo” di tutti i donatori. Il nostro sistema trasfusionale, invece, è dotato di una sieroteca: per 15 mesi, per ogni donatore trasfuso, viene conservato un campione congelato all’ospedale di Gorizia. Quindi, risalire alla sacca infetta e al donatore con epatite non dovrebbe essere difficile.

Ne è convinto il direttore del dipartimento di medicina trasfusionale del Santa Maria degli Angeli di Pordenone, Raffaele Catapano. «Le sacche infette risalgono al 2012 – ricorda Catapano – e i campioni di sangue dei donatori sono ancora presenti in sieroteca. Sarà sufficiente scongelare le fialette delle giornate coinvolte. E’ per questo motivo che in Friuli Venezia Giulia, a differenza della Toscana, non sarà necessario richiamare i donatori».

Un’operazione necessaria in primo luogo per informare - se il virus è presente nei campioni friulani - il diretto interessato. Ma cosa può essere successo? Come può essere che del sangue infetto venga “scambiato” per sano? Probabilmente all’origine c’è un errore umano.

L’ipotesi è che, in una giornata in cui si è riscontrato un caso di epatite, il campione “incriminato” sia stato involontariamente inserito all’interno di quelli sani. In tal senso, effettuata la scrematura delle giornate in cui sono state rilevate, dai laboratori di analisi friulani, donazioni col virus dell’epatite l’attenzione si sta concentrando su 300 campioni.

«Siamo pronti per le verifiche – ha spiegato Catapano – attendiamo soltanto il via libera del centro nazionale sangue. A quel punto, a spron battuto, verificheremo se è infetto e, nel caso, individueremo il donatore. Vorrei comunque sottolineare il fatto che la nostra regione è un passo avanti agli altri e la sieroteca consente di risalire ai donatori in modo più immediato».

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