Piazza Duomo, la denuncia dell'architetto Burelli

Udine, il professionista e consigliere comunale per Innovare: «Quel “vuoto” urbano
nato nel ’38 e mai risolto». Ed è circondato da anonimi palazzoni
Udine 8 Agosto 2016. Piaxzza del Duomo. Petrussi Foto Press
Udine 8 Agosto 2016. Piaxzza del Duomo. Petrussi Foto Press

UDINE. L’Italia è la patria delle piazze, il luogo “dove è radicata la bellezza condivisa e lo spirito di aggregazione di una comunità” (Luigi Zoia: Giustizia e Bellezza).

Cos’è che rende “attraente” una piazza? Innanzi tutto le sue caratteristiche architettoniche, quel sapiente e spesso delicato equilibrio tra gli edifici che la perimetrano e lo spazio in essi racchiuso con i materiali di cui è costituita e i monumenti che spesso la arredano.

Naturalmente giocano un ruolo non secondario anche le attività che vi si svolgono: un giusto mix tra negozi, esercizi pubblici e residenza. A titolo di esempio si pensi alla nostra piazza S.Giacomo che, se si esclude la residenza quasi del tutto assente, possiede tutti questi pregi e non a caso è la meta preferita dagli udinesi per le loro passeggiate in centro.

 Complice il bel tempo, i tavolini dei caffè presenti su ogni lato della piazza sono sempre affollati e il plateatico - con o senza bancarelle - è luogo ideale di incontri di famiglie con bambini che si rincorrono attorno alla fontana sorvegliati dai genitori che hanno scelto la piazza per incontrarsi.

Non accade così in altre piazze udinesi dove, per l’assenza delle caratteristiche sopra citate, manca una costante presenza di turisti/utenti e che, in assenza di iniziative di animazione, restano desolatamente vuote.

 È il caso di piazza Duomo: una piazza-non piazza, un “vuoto urbano” causato dalle demolizioni previste dal Piano Regolatore del 1938 a firma degli architetti Cesare Pascoletti e Arnaldo Foschini, che hanno applicato a Udine le visioni piacentiniane in voga nella Roma fascista di quegli stessi anni.

Prima degli interventi previsti dal nuovo Piano regolatore finalizzati a dare al centro città un nuovo volto al passo con i tempi, il Duomo era attorniato da tre piazzette su cui si aprivano i tre ingressi della Cattedrale: a nord piazzetta Bertrando (dal nome del Patriarca la cui urna funeraria era collocata alla base del campanile) a sud piazza degli Schiavoni (dalla omonima confraternita che aveva sede in via dei Calzolai) e a ovest la piazza del Duomo vera e propria con l’ingresso principale che si affacciava su un sagrato cui si accedeva dalla via dei Teatri, oggi via Stringher.

Il risultato delle malaugurate scelte urbanistiche è sotto gli occhi di tutti: i portici dell’anonimo edificio delle Assicurazioni e della vicina Banca Cattolica (oggi Friuladria) che delimitano la piazza sul lato nord, sono estranei alla piazza così come il bar che vi è ospitato mentre il lato ovest che fronteggia la cattedrale è costituito dalla sede dell’Inail (realizzata negli anni 50 dove inizialmente era prevista la nuova sede della Crup), con il piano terra caratterizzato da finestroni chiusi da inferriate privi di illuminazione e dalla sede della Banca Commerciale.

Lo stesso accade lungo il lato sud dove altri istituti bancari si sono insediati, tutte attività incapaci di generare attrazione e vitalità e, per tale ragione, scoraggiate nei piani terra dei centri storici di molte città europee.

In questo spazio artificiosamente dilatato, il Duomo “galleggia” privo com’è di riferimenti con gli edifici circostanti mentre l’annullamento del sagrato e la rettifica e allargamento delle strade di accesso (via Stringher, via del Calzolai, via San Francesco) ha fatto il resto.

Basta esaminare il disegno prospettico realizzato dal Pascoletti nel 1937 per percepire la “freddezza” dello spazio generata dagli anonimi palazzoni che lo perimetrano, freddezza già presente prima della modificazione della quota del sagrato con l’abbassamento del terreno e la realizzazione negli anni 50 della scalinata che ha ulteriormente “allontanato” la facciata della basilica dalla piazza.

Da ciò si comprende come non sia sufficiente la semplice modifica del livello della piazza con la realizzazione di una pavimentazione sia pur impreziosita da pietre provenienti da diverse cave friulane per ottenere un risultato diverso.

Perché al pregio architettonico di una piazza concorrono molto di più le “quinte”, gli edifici che la delimitano che non la sua pavimentazione che ha un ruolo secondario: si pensi alla piazza San Pietro a Roma, alla piazza di San Marco a Venezia o alla piazza del Campo a Siena o, per restare a casa nostra, a piazza San Giacomo e alla stessa piazza Libertà, tutte piazze in cui la pavimentazione è anonima rispetto al “contorno”.

Persino il terrapieno di piazza Libertà (caso forse unico di una piazza storica ancora pavimentata in terra che da secoli attende una pavimentazione necessaria a mantenerne il decoro e la pulizia per non parlare della difficoltà di deambulazione) non attenua la prodigiosa qualità architettonica definita dalle architetture che vi si affacciano e dai suoi monumenti.

Per ritornare a piazza Duomo, qualunque soluzione che si limiti a interventi sul piano orizzontale (sia pur impreziosita da decorazioni che appaiono come uno sforzo per compensare la debolezza della proposta) senza ridefinire il perimetro della piazza stessa appare come una panacea utile a sottolineare le diverse destinazioni d’uso dello spazio (parcheggio a sud e pedonale a ovest) che però non restituirà la raccolta magia che caratterizza i sagrati antistanti le chiese del centro storico.

Del resto basta analizzare le planimetrie storiche e le fotografie degli edifici demoliti alla fine degli anni 30 e nel primo dopoguerra per riscoprire una piazza-sagrato più intima, dimensionata sulla facciata del Duomo e capace di svolgere il ruolo di mediazione tra i riti profani della città e quelli sacri della Cattedrale.

La modifica del perimetro della piazza e delle destinazione d’uso dei piani terreni degli edifici che la delimitano, sono passaggi obbligati senza i quali non potrà avvenire alcun rilancio della piazza che continuerà a rimanere uno spazio vuoto incapace di attrarre cittadini e turisti che non siano semplicemente interessati a visitare la nostra cattedrale.

Malgrado tutto va dato merito al Messaggero Veneto di aver riaperto il dibattito su piazza Duomo che, così com’è, rappresenta un problema irrisolto ormai da troppi decenni e con molti progetti nei cassetti sui quali non è stata presa alcuna decisione.

Ha ragione il sindaco quando sostiene la necessità di attendere l’avvio del cantiere dell’Upim se non altro per le interferenze che si determineranno con la piazza, ma sarebbe necessario che in tale occasione fossimo pronti, che il Comune avesse già adottato un progetto da realizzarsi magari con gli oneri ex Bucalossi generati dal cantiere Upim.

In questi ultimi anni molti Comuni del Friuli hanno bandito concorsi di progettazione per la riqualificazione delle piazze di paesi piccoli e grandi con esiti molto spesso positivi. Sono dell’opinione che un tema così complesso come la riforma di piazza Duomo - non limitato alla sola pavimentazione ma che coinvolga anche la riforma degli edifici circostanti o quanto meno la ridefinizione del perimetro della piazza vera e propria - meriti di essere oggetto di un concorso di progettazione capace di produrre una molteplicità di proposte che potranno essere oggetto di confronto e sottoposte all’esame della cittadinanza.

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