«Perseguitato dalla Agenzia delle Entrate, ma sono in regola»

L’imprenditore Massimo Poletto è in lotta da anni con l’erario per non pagare gli oltre 700 mila euro di imposte contestate

UDINE. C’è la crisi economica che incombe, ci sono le tasse che mettono in ginocchio i bilanci e c’è la stretta del credito che toglie fiato e risorse. Ma ad aggravare ulteriormente i conti dell’imprenditoria italiana, in non pochi casi, sono anche le grane con il Fisco e con la giustizia.

Anche quando tutto sembra dimostrare che a sbagliarsi sono gli altri. È questa, in estrema sintesi, la storia che Massimo Poletto, 44 anni, di San Leonardo, intende raccontare. Una parabola, la sua, nella quale non esita a ergersi a esempio di quanto vessata e grama possa essere la sorte di un onesto lavoratore.

A conoscerlo, nelle Valli del Natisone così come nel resto del Friuli, sono in molti. Titolare dell’impresa individuale “Edil Restauri”, è stato lui, giusto per citare uno dei nomi più in voga, a realizzare il ristorante “Orsone” di master-chef Joe Bastianich, a Cividale del Friuli.

Rimasto egregiamente in pista nonostante i venti avversi della crisi del settore edilizio e alle sempre maggiori difficoltà a spuntare un credito dalle banche, da anni è impegnato invece in un contenzioso tributario con l’Agenzia delle entrate di Udine. Una “singolar tenzone” che, sono parole sue, «rischia di mettermi ko».

Le tribolazioni cominciano verso la fine del 2011, con l’invito dell’Ufficio a dare giustificazione a centinaia di operazioni “sospette” riferite ai suoi conti bancari. Il Fisco gliele aveva spulciate una per una, senza trovare corrispondenza nelle scritture contabili della sua ditta. È l’avvocato Carlo Monai, che con il collega Franco Latti, del Foro di Genova, lo ha difeso e continua ad assisterlo nell’iter, tributario prima e anche giudiziario poi, a ricordare le tappe della vicenda.

«Per rispondere ai questionari dell’erario, Poletto iniziò una ricerca certosina di quei movimenti, evidentemente assai datati nel tempo – spiega il legale –, riuscendo a fornire giustificazioni per alcuni versamenti in contanti, vuoi perché riferiti a pagamenti di prestazioni d’opera regolarmente fatturate l’anno prima, vuoi perché relativi a fondi personali e familiari, frutto degli utili degli anni precedenti. Il tutto, s’intende, nel rispetto della normativa sui flussi di contante».

I suoi sforzi, tuttavia, a poco valsero. L’Agenzia delle Entrate, infatti, spiccò comunque nei suoi confronti due avvisi di accertamento per redditi asseritamente non dichiarati per gli anni 2008 e 2009. Pretendendo, conti alla mano, il pagamento di una somma complessiva di 702.285 euro, tra imposte, accessori e sanzioni. Scontato, allora, il ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Udine.

E torniamo agli aspetti tecnici. «All’udienza del 18 settembre 2014 – continua l’avvocato Monai –, l’esecutorietà degli avvisi era stata sospesa in accoglimento dell’istanza di Poletto. Poi, all’udienza di discussione del successivo 18 novembre, i suoi ricorsi sono stati accolti, con l’annullamento dei due avvisi per vizi procedurali. La Commissione provinciale di Udine, infatti, aveva ravvisato una lesione del principio del contraddittorio nella fase istruttoria, conclusasi con gli avvisi».

Nella sentenza, la Tributaria ha osservato come «incomba all’amministrazione finanziaria l’obbligo di attivare sempre il contraddittorio preventivo rispetto all’adozione di un provvedimento che possa incidere negativamente sui diritti e sugli interessi del contribuente. In caso contrario, l’atto è nullo».

Proprio come avevano affermato con pronuncia del 18 settembre le Sezioni unite della Cassazione. «Il diritto al contraddittorio – ha sottolineato Monai – costituisce principio generale applicabile in qualsiasi procedimento amministrativo tributario».

Ebbene, neppure questo è bastato a chiudere la vertenza. Poco più di un mese fa, la Direzione provinciale di Udine dell’Agenzia delle entrate ha notificato a Poletto l’appello. Il che significa che l’imprenditore dovrà ora vedersela con la Commissione tributaria regionale di Trieste.

Da qui, il mix di sconforto e rabbia che lo ha spinto a raccontare la propria storia. «Assurda», a suo modo di vedere. Anche perchè, proprio nel 2011, era stato sottoposto già a una verifica fiscale generale per il quinquennio dal 2006 al 2011 della Guardia di finanza che, esaminati pure i suoi conti bancari, «aveva riscontrato – è lui stesso ad affermarlo, mostrando il verbale di constatazione del 22 settembre di quello stesso anno – la sostanziale regolarità della mia gestione aziendale verso il Fisco».

Finchè non è arrivata la nuova batosta. «Non ho avuto il tempo di compiacermi per questo felice esito – dice Poletto –, che è iniziata l’altra, parallela verifica. Questa volta, con esiti nefasti. A causa della crisi, ho comunque dovuto alleggerire gli impegni di lavoro, ma con questa mazzata fiscale temevo di perdere tutto. Tra l’altro, l’Agenzia mi ha anche denunciato alla Procura per evasione fiscale.

Per ora, grazie alle decisioni della Commissione tributaria di Udine, ci ho rimesso “solo” tanta preoccupazione e le spese della mia difesa che, a questo punto, spero mi verranno rimborsate almeno in appello. In vent’anni di attività – continua – non ha mai registrato infortuni sul lavoro, nè subìto verbali per irregolarità di alcun tipo, risultando sempre “congruo” rispetto agli studi di settore, avendo dichiarato utili ben più alti rispetto a quelli standard.

Non vedo l’ora che quest’incubo finisca – conclude amaramente – e capisco i tanti colleghi imprenditori che, presi dallo sconforto, di fronte allo spettro di un tracollo hanno reagito con gesti sconsiderati».

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