Perse il primariato, risarcito il medico

Il caso al reparto di Cardiologia di Pordenone. Al dottor Cassin che fu preferito l’udinese Bernardi vanno 201 mila euro

Il giudice del lavoro di Pordenone (Angelo Riccio Cobucci) gli ha dato ragione. Ha riconosciuto al medico Matteo Cassin, direttore della struttura di Emodinamica del Santa Maria degli angeli, un danno nell’esclusione dal primariato di cardiologia. Il giudice ha confermato la tesi della difesa – studio legale Steccanella di Vittorio Veneto – rispetto all’illegittimità delle procedure concorsuali e ha riconosciuto al medico un risarcimento di 201 mila euro, oltre alla copertura delle spese legali. Non ha invece riconosciuto l’ipotesi di un demansionamento del professionista.

Il concorso nel mirino è quello bandito nel 2016 dall’Aas5, per sostituire il primario andato in pensione (Gianluigi Nicolosi). A Cassin, che all’epoca era primario facente funzioni, fu preferito il cardiologo Guglielmo Bernardi di Cividale, all’epoca responsabile del laboratorio di emodinamica dell’ospedale di Udine. Il caso fece discutere e non poco la politica, perché Bernardi era considerato troppo vicino al Pd (era anche consigliere comunale per i dem) e perché la scelta del professionista friulano – i cui requisiti professionali non sono mai stati messi in discussione da alcuno – fu considerata un’imposizione di Udine su Pordenone. Al punto che l’europarlamentare del Movimento 5 Stelle, Marco Zullo, presentò un esposto in procura sul caso evidenziando come in meno di due ore la commissione d’esame aveva valutato ben 150 pubblicazioni.

Naturalmente il ricorso di Cassin si fondava su elementi giuridici e non politici e in particolare sulla mancata chance professionale, riconosciuta per altro dal giudice del lavoro. Il ricorso risale a settembre del 2016, a dopo che il Tar si era dichiarato incompetente in materia su un primo ricorso del professionista. Ieri la sentenza, rispetto alla quale non è escluso che l’Aas 5 faccia ricorso.

Per Cassin, che è approdato al Santa Maria degli Angeli nel 1982, non è stato facile rimanere a lavorare in azienda dopo averla citata in giudizio. Non è stato facile continuare a lavorare nello stesso reparto con la serenità di sempre. «Ma ho ritenuto giusto farlo».

Il medico racconta: «Non cercavo in realtà un risarcimento, quanto l’affermazione di un principio di giustizia. Non mi è mai interessata la vendetta e spero che questa decisione non venga strumentalizzata politicamente. Io spero davvero che questa sentenza possa rappresentare una ripartenza per la nostra azienda. Spero che la mia scelta possa essere da esempio, per i giovani professionisti». Aggiunge il professionista: «Sono molto triste per la situazione dell’ospedale. Tanti medici sono andati via, bisogna ricostruire un senso di appartenenza, uno spirito di gruppo che ci aiuti a traghettare verso il nuovo ospedale».

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