Perdono il lavoro, i figli assegnati ai servizi sociali

Un compito particolarmente difficile e delicato quello che sono chiamati a svolgere i servizi sociali, soprattutto quando c’è di mezzo l’affidamento dei minori e l’impossibilità per i figli di restare con i propri genitori, finendo a volte per generare situazioni che portano allo scontro giudiziario. È il caso di una famiglia nordafricana (omettiamo la precisa nazione di provenienza per tutelare la privacy dei minori coinvolti) che si è rivolta a un avvocato per revocare l’affidamento in comunità dei propri figli, una ragazzina di 10 anni ed un bambino di 7 anni.
«La situazione – afferma l’avvocato dei genitori, Roberto Veroi - si è complicata per il recente divieto ai genitori, a nostro avviso del tutto ingiustificato, da parte dei servizi sociali di Gorizia dove la famiglia ha risieduto per diversi anni, di vedere i figli e anche di parlare con loro al telefono. Uno stop alle visite che proprio ieri è stato revocato, ma resta una situazione incredibile. Né la madre né il padre hanno mai fatto nulla di male, semplicemente avevano difficoltà economiche. Lui aveva perso il lavoro e poi era subentrato uno sfratto. Attualmente la madre continua ad abitare qui solo per poter vedere i figli una volta la settimana, altrimenti sarebbe già andata a Parigi a raggiungere il marito trasferitosi da una anno dove ha trovato casa e lavoro e ha già iscritto entrambi i figli alla scuola primaria».
Il legale e i genitori temono che la situazione possa comportare addirittura una «messa in adottabilità dei figli che verrebbero così legalmente sottratti ai genitori – afferma l’avvocato Veroi -, pur essendo cittadini di una Nazione nordafricana e ciò contro una nota e richiesta formale di restituzione dei figli rivolta al tribunale dal loro consolato».
Un mese fa il tribunale dei minori ha affidato i due bambini al sostegno e al controllo del servizio sociale comunale competente, confermando il loro collocamento in una comunità con autorizzazione alle visite della madre e del padre in forma protetta e ribandeno, infine, il divieto di espatrio al seguito dei genitori per i due minori. Un primo decreto con contenuto analogo era stato emesso nel gennaio di quest’anno.
L’avvocato ha precisato che i genitori hanno «sempre rispettato le prescrizioni per le visite ai figli regolarmente effettuate dalla madre ma anche dal padre che per due volte ha affrontato la gravosa spesa della trasferta da Parigi. Entrambi i figli, peraltro, con una lettera al tribunale hanno manifestato il desiderio di ricongiungersi con i genitori».
Inoltre, sempre secondo il legale il divieto di espatrio per dei minori non italiani e la loro mancata riconsegna ai genitori, che hanno diritto di trasferirsi con i loro figli in un altro Paese, può rappresentare una violazione del diritto internazionale privato. Il tribunale, nel proprio decreto, afferma che la madre ha un buon rapporto con i figli i quali sono legati ad entrambe le figure genitoriali ma che la stessa madre conserva dei limiti e delle fragilità nel rapporto con i figli e che la situazione di precarietà familiare, sociale e psicologica di entrambi i genitori non avrebbe ancora avuto un’evoluzione positiva per cui «valutate le ultime informazioni rese dagli operatori sociali che hanno manifestato delle perplessità in merito, non vi sono le condizioni per poter autorizzare l’espatrio».
«Non si capisce cosa dovrebbe fare ancora la madre – afferma l’avvocato Veroi - dopo aver frequentato regolarmente l’anno scorso i servizi. È costretta a vivere senza lavoro da oltre 8 mesi in un albergo a spese del marito, oltre 1000 euro al mese, solo al fine di recarsi una volta la settimana a vedere i propri figli e sentirli dire da mesi che vogliono tornare al più presto con i genitori. Ci si basa solo sul fatto che il marito nel 2010 è stato dichiarato decaduto dalla potestà genitoriale, che è stato disoccupato e ha subito uno sfratto per morosità, senza tener conto che proprio per non aver più trovato lavoro e casa in Italia si è definitivamente trasferito in Francia dove ora ha un lavoro che gli consente di mantenere la moglie e darle la possibilità di poter vedere i due bambini visto che i servizi non hanno dato alcuna sistemazione abitativa alla madre e ai figli, ma sono d’accordo di far pagare al Comune il costo dell’affidamento nella comunità per una retta di oltre 4 mila euro al mese».
Piero Tallandini
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