Palazzo Brinis, un salvagente che funziona

Operativo dal 2006, sinora il centro di seconda accoglienza ha ospitato 39 persone

CASARSA

Si è dimostrata un’ancora di salvezza per 39 persone, italiane e straniere, il centro di seconda accoglienza di palazzo Brinis, a Casarsa della Delizia, con i suoi quattro alloggi. Il dato emerge dalla relazione presentata per la richiesta di contributo da parte del Comune alla Regione per il suo funzionamento. Un’idea dell’amministrazione comunale guidata da Claudio Colussi, con Fernando Agrusti assessore alle Politiche sociali,aperta nel 2006 e realizzata con il contributo della Regione e oggi gestita dalla coop Abitamondo.

Una struttura a servizio di più Comuni, che se ne sono serviti in questi anni, come emerge dalla relazione, per risolvere situazioni di difficoltà. La casa è nata per rispondere alla domanda di soluzioni di alloggio temporanee per famiglie e lavoratori, italiani e stranieri, per periodi di tempo limitati (6 mesi, rinnovabili al massimo per un anno), nell’ambito di percorsi di integrazione socio-economica. A fronte dell’ospitalità viene pagato un affitto che va a copertura dei costi di manutenzione. Destinatari, cittadini italiani e stranieri con un Isee inferiore ai 21 mila euro, famiglie in situazione di disagio abitativo, soprattutto se con minori a carico, o donne sole con figli, preferibilmente con un lavoro.

Per quanto riguarda il bilancio, dal 2006 a maggio 2011, sono state 39 le persone che hanno potuto trovare una soluzione a palazzo Brinis: nel 2006 e 2007 sono state 14, 20 nel 2008, 18 l’anno successivo, 14 nel 2010 e 8 nell’anno in corso. Dal 2006 ha accolto 6 famiglie, una donna sola con figli, 10 uomini singoli e 2 donne singole. I minori ospitati sono stati 12. Venti persone provenivano da Nigeria e Ghana, 8 dall’Italia, 3 dal Bangladesh, 3 dal Marocco e, a seguire, Colombia, Afghanistan, Angola ed Eritrea. La struttura è stata utile per risolvere situazioni di disagio dei comuni di Casarsa della Delizia (che conta il maggior numero di persone), San Vito, San Quirino, Cordovado, Pordenone, Sesto al Reghena e Valvasone. Diversi i motivi di disagio: dallo sfratto ad altre cause, tra cui il lavoro precario.

Donatella Schettini

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