Palazzina crollata, patteggiano in due

UDINE. Il crollo della palazzina ai civici 19 e 23 di via Mentana, nel pomeriggio del 12 settembre 2012, fu causato da «inadempienze e imprudenze» commesse nell’esecuzione dei lavori di ristrutturazione in corso sull’edificio.
La responsabilità di quella che, a pericolo scampato - le macerie finite sul marciapiede non colpirono alcun passante -, non è azzardato definire una tragedia sfiorata, va dunque ripartita tra Marco Colautti, 38 anni, di Udine, ossia il professionista al quale erano stati affidati la direzione dei lavori e il coordinamento della sicurezza, e Giorgio Foghin, 62 anni, di San Daniele, chiamato a rispondere invece in qualità di legale rappresentante della Sfea srl di Udine, la ditta esecutrice dell’intervento. È la conclusione alla quale era pervenuta la Procura, alla chiusura dell’inchiesta avviata sul caso, ed è anche il teorema che ha convinto il gup del tribunale di Udine ad accogliere la richiesta delle parti di patteggiare la pena.
Dieci mesi di reclusione, con il beneficio della sospensione condizionale, la pena proposta dalle difese - gli avvocati Andrea Franchin, del foro di Treviso (per Colautti), e Claudio Pozzo, di Udine (per Foghin) - e applicata, previo consenso del pm Barbara Loffredo, dal giudice Paolo Lauteri a entrambi gli imputati. L’ipotesi di reato contestata a ciascuno di loro, nei rispettivi ruoli, era quella del crollo colposo di costruzione.
Il gup li ha inoltre condannati a rifondere in solido tra loro le parti civili - la “Professionale srl”, assistita dall’avvocato Maurizio Conti, e la banca Mediocredito del Fvg, con l’avvocato Serena Giliberti, di Pordenone - delle spese di costituzione e difesa. Nell’aderire alla ricostruzione della pubblica accusa e valutare i termini del patteggiamento (pena prossima al minimo edittale), il giudice ha ritenuto l’istanza «congrua» sia per l’incensuratezza degli imputati, sia per l’entità delle conseguenze.
Per il funzionario dei Vigili del fuoco che aveva redatto la relazione per la Procura, l’evento si era verificato per il cedimento del solaio provvisorio sistemato al piano terra. Il progetto prevedeva il raddoppio dei tre piani originari dell’immobile - un’abitazione risalente agli anni ’30 e destinata a diventare una sede direzionale -, mantenendo inalterata l’altezza.
Da qui, la necessità di procedere all’abbattimento dei vecchi solai e alla loro progressiva sostituzione con travi temporanee in acciaio in grado di garantire stabilità alla struttura. Qualcosa, però, non funzionò e, alle 17.45 di quel mercoledì di fine estate, vennero giù sia le pareti perimetrali prospicienti il cortile interno, sia una parte del muro affacciato su via Mentana. Le macerie invasero il marciapiede e la strada, sui quali pochi istanti prima erano passati un dipendente di Equitalia (la sede si trova esattamente di fronte alla palazzina) e una donna in bicicletta. Anche i quattro operai al lavoro nel fabbricato avevano lasciato da poco il cantiere per l’arrivo della pioggia.
Un «pericolo per la pubblica incolumità» che il pm ha dunque ricondotto alla violazione di una serie di regole cautelari da parte tanto di Colautti, quanto di Foghin. A cominciare dal fatto di avere (il primo) consentito e (il secondo) eseguito i lavori, «in assenza di un progetto o di atti tecnici relativi alle necessarie opere provvisionali». Ma anche di avere permesso (Colautti) che fossero demolite (da parte di Foghin) le murature interne di spina dei solai, «adottando una soluzione poco stabile e senza che le pareti perimetrali fossero messe in sicurezza da idonee strutture provvisionali», e che fosse realizzato uno scavo di sbancamento sistematico all’interno dell’edificio, «che metteva allo scoperto le fondazioni e, per di più, veniva eseguito a una profondità superiore a quella prescritta dal Piano operativo di sicurezza».
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