Palazzina appiccicata ai vicini Il giudice ordina la demolizione
Luana de Francisco / lignano
La sua villetta a due piani e il condominio antistante erano troppo addossati fin dalle origini. Poi, quando aveva deciso di abbatterla e costruire al suo posto una palazzina alta sei piani, le distanze si erano ulteriormente accorciate. E questo aveva contribuito a esacerbare gli animi dei proprietari del condominio, denominato villa Elena, spingendoli a rivolgersi al giudice. La recente sentenza del tribunale civile di Udine ha dato ragione a loro, ordinando agli eredi del vicino (nel frattempo deceduto) l’arretramento e la conseguente demolizione delle opere realizzate senza rispettare il limite di 10 metri fra pareti finestrate previsto dal regolamento comunale per le nuove costruzioni.
La vertenza si è consumata tra le vie del Bosco, dove sorge l’immobile della famiglia che promosse la causa nel dicembre 2017, e via dell’Acquedotto, dove la nuova palazzina era sorta, per un’altezza di 19 metri, sulle ceneri di villa Berica. Assistiti dall’avvocato Roberto Paviotti, i proprietari di villa Elena avevano lamentato trattarsi di immobile con volumetria e sagoma del tutto diverse dal precedente e, quindi, assoggettabile agli obblighi di legge in vigore per le nuove costruzioni. Quelli, per intendersi, che non avrebbero mai ammesso le distanze tra fronti rispettivamente di 6,70, 7,67 e 9,90 metri accertate in sede d’istruttoria dal consulente tecnico d’ufficio.
Misurazioni che la controparte, difesa dall’avvocato Marinella Drago, non aveva peraltro contestato, eccependo piuttosto i presupposti di applicazione della regola. Perché il fabbricato di sei piani – aveva sostenuto – non era nient’altro che una ristrutturazione con ampliamento del vecchio edificio e perché nel concetto di parete finestrata non potevano essere ricomprese né le scale esterne dotate di aperture a tutti i piani del proprio palazzo, né le finestre di un solo piano e le vetrate fisse senza aperture dell’edificio antistante.
Il giudice Gianfranco Pellizzoni ha ritenuto entrambi gli argomenti infondati. Il primo, per il semplice fatto di essersi ritrovato davanti una palazzina nuova di zecca, a fronte del precedente «modesto edificio a due piani fuori terra». Il secondo, «perché anche la presenza di una sola finestra a un solo piano di uno dei due edifici – si legge in sentenza – fa scattare l’obbligo per tutti i livelli». Anche un vano scale in cemento armato, come quello di nuova costruzione, per quanto aperto, deve dunque rispettare la distanza minima imposta dalla norma per esigenze di «decoro, salubrità e sicurezza». In tutti i casi, ricorda il giudice, «anche le terrazze che fuoriescano dalla facciata vanno computati, con la sola esclusione di quelli con mera funzione ornamentale».
Coerentemente con precedenti decisioni riguardanti sempre il Comune di Lignano e a fronte di consolidati principi della Corte di Cassazione – l’obbligo dei Comuni, in caso di redazione o revisione dei propri strumenti urbanistici, a non discostarsi dall’articolo 9 del Decreto ministeriale 1444/68 sull’inderogabilità dei limiti di densità edilizia, di altezza e di distanza tra i fabbricati –, il tribunale di Udine ha dunque accolto la domanda del proprietario dell’immobile antistante e ordinato la demolizione di tutte le parti del nuovo palazzo risultate fuori “misura” e condannato il costruttore a risarcire il «danno estetico» patito dal vicino per il periodo antecedente la demolizione, liquidandolo in 20 mila euro. —
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