Padre Gabriele diffamato Paga l’editore Mantero

UDINE. Prima, la burrascosa chiusura di un sodalizio professionale durato circa due anni. Poi, la beffa del conto da pagare su ordine del giudice: 6 mila euro di multa - che, sommati alle spese processuali, salgono a 15 mila - per avere calunniato l’ex amico padre Gabriele dalle colonne della propria rivista, “Il segno del soprannaturale”. È un epilogo da dimenticare quello imposto dal tribunale di Udine a Pietro Mantero, direttore delle edizioni “Segno”, di Feletto Umberto. Cioè a colui che, quattro anni fa, spalancò le porte del centro “San Charbel” al “prete dei miracoli” e ai suoi affollati incontri.
E infatti, di quella vicenda Mantero dice di non ricordare più niente. «L’ho rimossa e fatico anche a mettere a fuoco ciò che è successo», spiega. La condanna risale a qualche mese fa e il conto è già stato saldato. «Mi hanno pignorato l’auto dell’azienda - dice -. Poi non ho più voluto saperne niente. Ho anche rinunciato ad appellare la sentenza: sapevo che avrei avuto ragioni più che valide per impugnarla, ma sapevo anche che da un monaco non sarei mai riuscito a recuperare un solo centesimo». Un monaco che, al giudice, aveva chiesto un risarcimento di 55 mila euro.
All’origine della querela, una serie di affermazioni che Domenico Fiume - questo il nome all’anagrafe del predicatore - aveva ritenuto diffamanti. Nel mirino, innanzitutto, due articoli pubblicati nell’agosto e nel settembre del 2010, quando il rapporto tra Mantero e padre Gabriele si era ormai completamente deteriorato. “Novello anticristo” e, poi, “falso profeta” e “falsario del Vangelo”: così lo aveva descritto, rimediando una denuncia per diffamazione a mezzo stampa nella doppia veste di direttore responsabile della rivista e di autore dei pezzi. A pesare, tra le contestazioni mosse all’editore, anche la pubblicazione sulla stessa rivista di una fattura per l’acquisto di alcuni libri che padre Gabriele non aveva mai pagato. L’errore di Mantero era stato quello di lasciare in vista anche l’indirizzo di Fiume. Un’imprudenza sufficiente a far gridare alla violazione della privacy.
«Con quegli articoli - spiega Mantero - volevo manifestare pubblicamente una sorta di “mea culpa”, per l’inganno nel quale mi ero accorto di essere caduto. Ci eravamo sentiti raggirati e decidemmo di raccontare come erano andate le cose. Dal cellulare di padre Fiume, di lì a poco, ricevetti due sms: in uno mi dipingeva come uno che “sfruttava i carismatici e i veggenti per fare soldi”, nell’altro mi augurava “un deperimento fisico”. Sul caso indagarono anche Procura e carabinieri, ipotizzando a carico di padre Gabriele il reato di abuso di incredulità popolare. Di lui, si è risentito parlare di recente. Pare sia tornato a fare proseliti nel Pordenonese. Non più come ortodosso, però, bensì nella sua nuova veste veterocattolica. (l.d.f.)
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