Padova, lavorano per una ditta friulana due dei quattro operai travolti dall’acciaio incandescente

PADOVA. Quello che nessuno può immaginare succede poco prima delle otto di un turno qualunque, durante il solito lavoro, in una domenica come altre alle Acciaierie Venete di Riviera Francia, in zona industriale.
Una siviera piena di acciaio fuso si stacca dal carroponte che dovrebbe guidarla fino agli stampi, con l’equilibrio garantito da un bilanciere. Cade ed esplode davanti agli operai.
Ce ne sono otto nei paraggi, in quel momento. Due sono vicinissimi, sono dipendenti dell’azienda e occupano le postazioni di controllo delle operazioni: Marian Bratu (44 anni, romeno che abita a Cadoneghe) e Sergiu Todita (39 anni, moldavo che abita in città).
Poco più distanti ci sono anche due operai della Hayama Tech, una ditta di Fagagna che ha in appalto le manutenzioni dell’impianto. Sono David Federic Gerard Di Natale (39 anni, origini francesi, residente a Santa Maria di Sala) e Simone Vivian (34 anni, nato a Dolo e residente a Vigonovo).
I primi due vedono tutto: la siviera che si stacca dalle guide e precipita per tre metri. È come un secchio enorme e pesantissimo, contiene 90 tonnellate di acciaio fuso a più di 1.350 gradi, ancora caldissimo perché appena partito dal forno elettrico. C’è il tempo di chiudere gli occhi, dopo è come un’esplosione.
L’ondata di calore è un vento violento. L’inferno. Restano a terra, quei due, e anche gli altri due più indietro, esposti alla deflagrazione e travolti. Le tute incenerite, il corpo bruciato.
Quello che nessuno sa raccontare succede negli attimi successivi, drammatici e densi di quell’incredulità che solo le tragedie più imprevedibili portano in dote. Nel capannone si sprigiona un incendio che sarà domato grazie alla risposta efficiente della squadra di sicurezza interna.
Si soccorrono i feriti, che sembrano subito gravissimi. Tutti gli operai del capannone hanno le tute bruciate: vengono fatti spogliare e portati sotto docce fredde. Tutti tranne quei quattro.
Marian Bratu è già sull’ambulanza: cento per cento del corpo ustionato, finirà in ospedale a Padova, in prognosi riservata. Nelle stesse condizioni è Sergiu Todita che parte in elicottero verso il centro grandi ustionati di Cesena.
È un po’ meno grave, con il 70 per cento del corpo coperto da ustioni e una gamba fratturata, David Federic Gerard Di Natale, che va via in ambulanza, arriva in ospedale a Padova e da lì sarà poi trasportato al centro ustioni di Verona.
Il meno grave è Simone Vivian, che in ambulanza finisce al pronto soccorso del Sant’Antonio da dove sarà poi dimesso nel pomeriggio.
Sono tutti coscienti, racconteranno i colleghi più tardi, tranne Sergiu Todita. I più gravi, diranno i bollettini medici attesi con ansia per tutta la giornata, manterranno condizioni stabili fino a sera.
Gravissime ma stabili. In prognosi riservata e appesi alla speranza di tutta la città, che al decollo dell’ultimo elicottero comincia a sapere di questo incidente terribile, avvenuto in un luogo che ha anche un valore simbolico, per i 400 operai che ci lavorano.
Quello che nessuno sa spiegare, a questo punto, è come sia successo. L’azienda si ferma, è già sotto sequestro e fino a sera l’ipotesi di una ripresa parziale dell’attività stamattina, anche solo in altri reparti, viene esclusa. L’inchiesta si fatto è già partita.
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