Ora sul caso di Rossella Corazzin indaga la Commissione antimafia
SAN VITO AL TAGLIAMENTO
Caso Corazzin: dove si è fermata la magistratura, riparte la Commissione parlamentare antimafia. Nei giorni scorsi, il presidente e senatore Nicola Morra ha chiesto i verbali d’interrogatorio di Angelo Izzo al procuratore di Belluno, Paolo Luca. Nell’agosto 2015, il mostro del Circeo disse all’allora capo dell’ufficio Francesco Saverio Pavone: «Facemmo come al Circeo», appunto. La 17enne di San Vito al Tagliamento sparì da Pieve di Cadore, durante una vacanza dell’estate 1975 e di lei non si seppe più nulla.
Sarebbe stata rapita, portata nella villa in riva al lago Trasimeno di proprietà di Francesco Narducci, dopo un passaggio in un rustico di Riccione. Qui Rossella Corazzin sarebbe stata seviziata, violentata e uccisa, durante un rituale satanico dai risvolti cavallereschi, alla presenza di più uomini. Il suo corpo non è mai stato ritrovato e la sua famiglia non chiede altro che questo. Poche righe e già si intrecciano due grandi casi giudiziari: il massacro del Circeo e il caso del mostro di Firenze (Narducci, poi deceduto, fu uno dei sospettati per gli ultimi due duplici omicidi). Il terzo mistero è proprio il delitto Corazzin, preceduto da un sequestro di persona avvenuto a Tai di Cadore. La giovane donna stava passeggiando da sola in un bosco ed è stata intercettata da due uomini appartenenti agli ambienti della Destra romana. Izzo non era in Cadore quel giorno, ma potrebbe essere stato il mandante del rapimento di Rossella Corazzin il 21 agosto. Indagati, oltre a Izzo, Gianni Guido (la sua famiglia aveva una casa a Cortina), Enrico e Fabio Annoscia e Serafino di Luia, mentre Giampietro Parboni Arquati, che nel frattempo è morto, non poteva che essere prosciolto nel procedimento per omicidio (il sequestro di persona è prescritto da tempo).
Pavone aveva ritenuto attendibile Izzo, che fra l’altro ha anche indicato Villa Narducci come il luogo in cui sarebbe stato celebrato il rito orgiastico, ma tutti i fascicoli aperti, tra Belluno e Perugia, sono stati archiviati. E Angelo Izzo, che avrebbe voluto essere processato, in maniera da «togliersi un peso», c’è anche rimasto male, tramite l’avvocato difensore di fiducia Iorio del foro di Avellino. Nessuno, però, ha scavato nel pozzo di villa Narducci, chiuso con la calce: avrebbe emanato un odore nauseabondo quando l’abitazione è stata venduta. Ora la Commissione parlamentare antimafia, sulla base dei verbali riempiti di Izzo, farà tutti gli accertamenti necessari e chissà che, prima o poi non si scavi davvero. —
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