Omicidio Sacher, reato estinto pure per l’amica

UDINE. Lui non c’è più, strozzato dalle due quindicenni friulane che pagava in cambio di un rapporto di amicizia a dir poco equivoco, ma il processo penale avviato nei loro confronti si è nel frattempo estinto. Proprio come il reato, l’omicidio volontario che la Procura minorile aveva contestato a entrambe e che la sentenza emessa nei giorni scorsi dal gup del tribunale per i minorenni di Trieste ha a sua volta azzerato. Cancellato, appunto, per effetto dell’«esito positivo» della messa alla prova per tre anni cui le amiche erano state sottoposte.
Il cerchio sul delitto di Mirco Sacher, l’ex ferroviere di 67 anni trovato morto in un campo di via Buttrio, alla periferia sud di Udine, il 7 aprile 2013, si è chiuso nel modo in cui la giustizia minorile aveva auspicato: con il «recupero» delle imputate, uscite maturate e riabilitate dal percorso di frequentazione della scuola, di partecipazione ad attività di volontariato e di progressivo rientro in famiglia imboccato dopo i mesi trascorsi in due distinte comunità protette fuori regione.
Un ritorno alla normalità, insomma, finalizzato prima di tutto ad aiutarle a guardarsi dentro, comprendere il valore della vita e riparare ai propri errori.
Questo prevede la norma e così ha stabilito il giudice Angela Gianelli nei confronti delle giovani - oggi maggiorenni - che, poche ore dopo la morte per «asfissia da strozzamento» di Sacher e una fuga rocambolesca in autostrada al volante dell’auto della vittima, si erano autodenunciate al Comando dei carabinieri di Pordenone. Sospeso nell’ottobre 2014, il processo era ripartito lo scorso ottobre con l’udienza di verifica dei tre anni (la durata massima consentita) della messa alla prova.
Mentre per una delle due amiche il responso era stato subito favorevole, per l’altra il gup aveva rilevato qualche problematica residua «a livello d’integrazione» e disposto ulteriori sei mesi di affiancamento psicologico. La sentenza è arrivata in giugno e ha premiato anche il suo impegno.
«Si investe sul minore – spiega il suo difensore, avvocato Santina Campo, di Palermo –, per consegnare alla società una persona diversa e non un criminale. Il percorso non è affatto facile: la comunità, tra lavoro e supporto psicoterapeutico, rappresenta una palestra importante ai fini del rispetto delle regole». Entrambe sono tornate ad abitare dai genitori e hanno trovato un lavoro.
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