Nuovo Governo, dal Fvg al Piemonte: ecco dove il Pd e il M5s sono una minoranza - Tutti i dati

UDINE. Un conto è diventare maggioranza nel Palazzo dove le alleanze, perfettamente lecite da un punto di vista costituzionale, si creano e si disfano a seconda delle esigenze contingenti e con il pallottoliere in mano. Un altro, ben diverso, è conquistare la legittimazione attraverso il voto oppure costruire uno schema nel quale la maggioranza tecnica collimi con i risultati elettorali e con il sentiment del Paese.
Del Paese oppure, quantomeno, di una parte di esso, specialmente se parliamo della parte più produttiva di uno Stato. E certamente se andiamo ad analizzare le ultime elezioni – Regionali, Europee e Politiche con i dati in quest’ultimo caso riferiti per comodità di collegio al Senato –, la nuova maggioranza che sta nascendo a Roma ha ben poco a che fare con il Nord. Perché dal Friuli Venezia Giulia al Piemonte – lungo l’A4, potremmo dire – nemmeno un’ipotetica coalizione tra Pd e M5s riuscirebbe a reggere l’urto del centrodestra che, trascinato dalla Lega, trionferebbe, numeri alla mano, in più o meno qualsiasi competizione elettorale.
Ora, se è vero che un possibile matrimonio Pd-M5s avrebbe conquistato, di misura, proprio le Politiche in Friuli Venezia Giulia, la teorica coalizione sarebbe stata letteralmente umiliata alle Regionali – con il centrodestra che chiuse alla pazzesca quota del 62,71% facendo pure scattare per la prima volta nella storia il bonus a tutela delle minoranze previsto dalla legge elettorale – e pure alle Europee. Con il M5s, in particolare, crollato dal 24,27% delle Politiche al 9,62% delle Europee a fronte di un Pd capace comunque di raccogliere due punti in più – dal 19,99% al 22,23% – in poco più di un anno.
Veneto. Un discorso pressoché identico, inoltre, si può fare per il Veneto. D’altronde se alle Regionali 2015 la Lega raccolse “appena” il 17,82% dei consensi, va ricordato che all’epoca il primo partito, a Venezia, fu la lista civica “Zaia presidente” (23,08%) e che, comunque, parliamo di quasi cinque anni fa, cioè, politicamente parlando, un’era geologica per la politica italiana.
Sia come sia, in ogni caso, resta il fatto che pure in quell’occasione M5s e Pd non avrebbero toccato palla, elettoralmente, al pari del caso delle Politiche dove, a onor del vero, il differenziale sarebbe stato contenuto in meno di 7 punti percentuali grazie alla performance grillina (24,53%).
Peccato che, più o meno un anno dopo, il M5s crollò all’8,91%, lasciando sul terreno due terzi dei voti, con la Lega che invece dal 31,78% delle Politiche balzò a poco meno del 50% – esattamente al 49,88% – il 26 maggio di quest’anno. Inutile spiegare, in questo caso, chi avrebbe vinto la sfida tra centrodestra e Pd alleato con il M5s.
Lombardia e Piemonte. Saldamente in mano ai conservatori, quindi, sarebbe anche la Lombardia, pure nel caso di matrimonio elettorale tra dem e pentastellati, tanto alle Regionali, quanto alle Politiche e alle Europee, mentre la situazione è leggermente diversa in Piemonte. Qui, infatti, la nuova maggioranza a Montecitorio e palazzo Madama avrebbe potuto vincere, localmente, le Politiche dello scorso anno in virtù soprattutto del 26,25% – il dato maggiore in assoluto raccolto al Nord – del M5s. Il problema è che a maggio 2019 la cifra è stata dimezzata (13,26%) con la Lega passata, nello stesso tempo, dal 22,61% al 37,14%.
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