
La conta dei danni dopo il nubifragio a Trieste: frane, buche e allagamenti
Gli interventi dei vigili del fuoco sono proseguiti tutta la notte, con il rinforzo dei colleghi di Gorizia. Manto stradale sollevato in via Romagna e via Revoltella, smottamento in via dell’Eremo
Le auto costrette a fare slalom per evitare buche e detriti. I negozianti che spazzano via gli ultimi residui di fango dai locali affacciati sulle Rive e in Borgo Teresiano, dove nemmeno le paratoie sono bastate ad arginare l’impatto della bomba d’acqua. E i mezzi dei Vigili del fuoco che fanno la spola da un capo all’altro di Trieste, dopo una notte insonne trascorsa a liberare persone bloccate nelle auto o negli ascensori e a prosciugare acqua dai garage sommersi.
Il bilancio finale sarà di 150 interventi, a cui vanno aggiunti quelli della Protezione civile e della Polizia locale.
Dall’ospedale Maggiore al Palazzo di Giustizia – entrambi parzialmente allagati – ai cantieri in Portovecchio, dove gli scavi si sono trasformati in piscine a cielo aperto: la città è stata messa a dura prova dal violento nubifragio di martedì sera, con punte di 80 millimetri di pioggia caduti in un’ora. Il giorno dopo, Trieste è alle prese con la conta dei danni.
La mobilitazione
I Vigili del fuoco hanno lavorato per quasi 24 ore per far fronte alla mole di richieste: 150 in poche ore. Vista l’emergenza, il comando ha mobilitato tutte le forze disponibili: una ventina di operatori, che smontavano dal turno diurno, sono stati trattenuti in servizio straordinario per dare manforte ai colleghi della notte. In rinforzo è arrivato anche un equipaggio da Gorizia, per un totale di 10 squadre operative.

La priorità era portare in salvo le persone bloccate in macchina sulle strade allagate o imprigionate negli ascensori. In via Belli e in strada nuova per Basovizza è stato necessario evacuare due case minacciate dagli smottamenti. Non si contano poi gli scantinati e i garage allagati: nei casi peggiori l’acqua ha raggiunto il mezzo metro.
Ne sa qualcosa chi ha un box auto nel parcheggio interrato sotto alla Pam di viale Miramare. I volontari della Protezione civile, arrivati da Muggia con le idrovore, hanno lavorato per ore per liberare i 600 metri quadri invasi dall’acqua.

La viabilità compromessa
Chiusa via dell’Eremo, dove un muro è crollato su un’auto in sosta, seppellendola sono una catasta di pietre e fango. Fortunatamente non ci sono stati feriti. Anche in via Commerciale risultavano pietre cadute sulla carreggiata, mentre via Revoltella la pioggia record ha sollevato un tratto di manto stradale.
Asfalto dissestato anche in via di Romagna, dove si sono aperte buche e formati dossi pericolosi per i veicoli in transito. In entrambi i casi la Polizia Locale è intervenuta per regolare la viabilità, in attesa del rattoppo. C’erano poi tutti i tombini da risistemare, quelli “stappati” come bottiglie di champagne quando la bomba d’acqua ha sopraffatto la capacità della rete fognaria.

I migranti sfollati
Il nubifragio ha sorpreso 180 migranti che martedì sera avevano cercato riparo nell’androna di Porto Vecchio. I torrenti d’acqua hanno trascinato via coperte, giacigli di fortuna e i pochi averi di chi ha affrontato la rotta balcanica.
A raccogliere l’appello alla solidarietà lanciato dall’associazione Linea d’Ombra è stato padre Gustavo Pez. Il missionario ha accolto una settantina di migranti nella parrocchia di Sant’Anastasio. Altri hanno trascorso la notte negli spazi gestiti da Caritas e Unhcr.
Negozi sommersi
In via Mazzini e sulle Rive i commercianti hanno fatto le ore piccole per buttare fuori l’acqua dai loro negozi. E mercoledì mattina hanno ripreso le pulizie. «Ormai a ogni temporale andiamo sott’acqua – dicono sconsolati i titolari del negozio di scarpe “La Nouvelle” –. Ci siamo attrezzati come se fossimo a Venezia: scaffalature, pavimento da barca per drenare meglio l’acqua e paratoie. Eppure non basta. I tombini si tappano in poco tempo e la strada si allaga. Se ci aggiungiamo il fatto che gli autobus, transitando, sollevano onde d’acqua che scavalcano le paratoie, il danno è inevitabile».
Il Tribunale allagato
Anche il Palazzo di Giustizia ha dovuto fare i conti con pesanti allagamenti. Sott’acqua sono finite l’aula della Corte d’Assise e la sezione di polizia giudiziaria dei Carabinieri, bloccata da dieci centimetri d’acqua e dal blackout della rete internet.
Stavolta a fare le spese del maltempo sono stati gli spazi collocati nel cortile, mentre gli atri interni (altro punto critico fino a qualche mese fa) sono rimasti all’asciutto. Merito della sistemazione delle grondaie. Risolto il problema della copertura, resta quello urgente delle fondamenta, da cui affiorano “fontanazi”.
L’aula d’Assise, dove si celebrano processi importanti, era completamente impraticabile. L’acqua che ha ristagnato per tutta la notte si è lasciata alle spalle danni ingenti. Il parquet, infatti, risulta sollevato in più punti. Un dejà-vu per chi lavora al Palazzo di giustizia. Il pavimento, infatti, era stato rifatto pochi mesi fa per rimediare a danni analoghi causati l’anno scorso proprio da una bomba d’acqua.
Ripararlo era costato all’incirca 3 mila euro. Adesso ci si trova punto e a capo. Da qui la decisione drastica: «Non lo sistemeremo più perché a questo punto non ha senso rattoppare in emergenza. Serve un intervento che risolva il problema una volta per tutte – afferma risoluto Igor Maria Rifiorati, presidente del Tribunale –. Affronteremo la questione in sede di Conferenza permanente, per individuare a stretto giro gli enti di competenza».
L’auspicio di tutti, a Trieste, è di arrivare attrezzati meglio alla prossima bomba d’acqua.
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