Non si ferma l’espansione di negozi e sartorie cinesi

«I cinesi investono e danno la scalata alla leadership del piccolo commercio a Pordenone». Diagnosi in centro città e profezia allo sportello sindacale Uil Tucs di Mauro Agricola: in corso Garibaldi ha aperto la prima sartoria take-away con gli occhi a mandorla. Vetrina bis, dopo il successo del taglia & cuci in via della Cavalleria. «In via Dante – aggiungono i sindacalisti di piazza Risorgimento – ha aperto un altro cinese con accessori informatici».
Pordenone-Chinatown per il servizio di chi ha fretta, tariffario trasparente e per tutte le tasche. «Al massimo aspetti tre giorni per un lavoro importante – dicono -. Se c’è la possibilità facciamo tutto subito». Macchina da cucire in vetrina e primi clienti sono africani e marocchini immigrati, con una toppa da cucire. «Un vecchio mestiere – dicono i cinesi – che torna utile».
La crisi lancia le botteghe etniche e il fatto si intreccia con la moria del business delle boutique: lo shopping pasquale esplode nei centri commerciali. «Centri commerciali stracolmi – ha postato sul web il presidente di Confidi Roberto Cao - e centro storico con botteghe aperte stravuote. Quando le amministrazioni comunali incominceranno e svegliarsi?».
Per Agricola è una questione politica, quella alla base della crisi del commercio tradizionale. «Se la politica ritiene che i centri commerciali siano la soluzione – indica la galassia dei super-store sulla Pontebbana -, allora avremo la città sempre più deserta. E addio alla cultura, alla conoscenza storica urbana: non si vende, nei centri commerciali».
La bacheca di Facebook ha il boom di interventi sulla questione. «Le botteghe del centro di Pordenone – riprende Cao numero uno di Confidi - stanno tenendo in vita una città nel disinteresse, anzi nella polemica, dell’amministrazione comunale. Sabato scorso una manifestazione ha intrattenuto molta gente che passeggiava: a spese dei commercianti. La scelta nefasta di aprire grande strutture nella cerchia periferica, sta provocando una morte certa del commercio in centro. E allora ci si domanda se le attivitá, a eccezione dei pubblici esercizi, siano solo un elemento coreografico per eventuali turisti». E Gianni Lista, commerciante ha rilanciato. «Serve un comitato con idee nuove: sabato scorso è stato un flop». L’ordine di scuderia è uno: cambiare per non morire. (c.b.)
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