Non fu tentato omicidio: due anni

Cervignano, è la condanna inflitta a Massimo Lasco per l’accoltellamento di un compaesano
Di Luana De Francisco
Udine 9 novembre 2016 tribunale Copyright Petrussi Foto Press Massimo TURCO
Udine 9 novembre 2016 tribunale Copyright Petrussi Foto Press Massimo TURCO

CERVIGNANO. Durante la lite spuntò un coltello e con quello in pugno Massimo Lasco, 26 anni, di Terzo d’Aquileia, procurò a Nevio Francescon, 59, compaesano ma con residenza a Cervignano, una ferita all’addome e un’altra all’inguine. Erano le 11 del 14 luglio 2015 e si trovavano lungo la sponda dell’Aussa Corno, a Cervignano. Per il tribunale di Udine, quell’aggressione non fu un tentato omicidio. Riqualificati i fatti nel reato meno grave di lesioni personali gravi, l’imputato è stato quindi condannato a 2 anni di reclusione, a fronte dei 4 anni e 2 mesi chiesti dal pm.

Celebrato su richiesta della difesa con rito abbreviato, il processo si è chiuso ieri davanti al gup Matteo Carlisi. L’avvocato Massimo Vittor, che lo assisteva, aveva sostenuto l’eccesso colposo di legittima difesa, insistendo soltanto in subordine sulla derubricazione nell’ipotesi delle lesioni. L’eventuale appello sarà valutato dopo la lettura delle motivazioni della sentenza.

Nel procedimento era rimasta coinvolta anche la compagna dell’aggressore, Marta Irene Morresi, 25 anni, di Terzo d’Aquileia. A lei il pm aveva contestato le ipotesi delle percosse e dell’omissione di soccorso, per avere a sua volta preso a calci Francescon mentre si trovava a terra e per non avergli prestato assistenza ed essersi anzi allontanata velocemente da lì con Lasco. Difesa dall’avvocato Stefania Tassotti, la giovane è stata assolta «perchè il fatto non sussiste» dalle percosse e condannata a 4 mesi di reclusione - tanto quanto sollecitato dalla Procura -, con doppio beneficio della sospensione condizionale e della non menzione per l’altro reato.

L’esplosione di violenza sarebbe stata la conseguenza di una richiesta di chiarimenti rivolta al giovane da Francescon. Sullo sfondo, a quanto ipotizzato nella fase investigativa, questioni riconducibili al mondo della droga. Circostanza peraltro non meglio chiarita a processo. I carabinieri avevano riconosciuto in Lasco il responsabile dopo appena ventiquattr’ore di indagini. Sottoposto a custodia cautelare in carcere e, poi, agli arresti domiciliari per circa un anno, il giovane è tutt’ora tenuto all’obbligo di dimora nel comune di residenza.

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