Nobile interrompimento «Ricollocate le colonne»

In questo giornale, il 26 ottobre 2006, apparve un articolo dal titolo: “Rinasce il nobile interrompimento”. Sarà ricostruita dal Comune l’antica porta d’accesso alla piazza della Motta. Nel testo veniva segnalato che nei giorni successivi, l’assessore all’Urbanista Martina Toffolo in consiglio comunale avrebbe presentato un progetto per la riqualificazione urbanistica che avrebbe interessato piazza della Motta, piazza del Donatore o dei Grani e le vie Roma e dei Molini, il cui costo sarebbe stato di 4 milioni 125 mila 325 euro.
Il 10 dicembre di quello stesso anno, chiesi di pubblicare, sempre in questo giornale, un articolo dal titolo: “Colonne conservate alle Gabelli”. Le parti lapidee potranno tornare utili per la ricostruzione. Dopo una doverosa precisazione sugli anni di demolizione del nobile interrompimento - che non risaliva agli anni ’40, ma tra il maggio 1960 e l’ottobre 1961 (come da verifica fatta con i residenti) – segnalai che il luogo di deposito delle parti lapidee di questo antico edificio erano conservate negli scantinati delle scuole elementari Aristide Gabelli, in via Trieste, dove erano visibili tre capitelli con motivi floreali, tre colonne intere e tra un ammasso scomposto di materiali, le due mezze colonne che erano poste a lato del sottoportico, come si può notare osservando il disegno.
Inviai l’articolo a Martina Toffolo l’8 gennaio 2007, pensando di darle una notizia di particolare interesse per il suo progetto di riqualificazione urbanistica, ma non ebbi alcuna risposta, né più seppi dai giornali le motivazioni che bloccarono la ricostruzione dell’antico edificio, forse dovuta ai limiti della carreggiata della sua porta e all’utilizzo in futuro della piazza della Motta.
A dieci anni da questi articoli, nell’area segnalata si notano solo ampi parcheggi che si estendono su queste piazze e lungo le vicine vie e un grande varco dove c’era il nobile interrompimento, che era posto tra l’ex biblioteca civica e quel complesso di abitazioni che un tempo facevano parte del Convento di San Francesco, oggi utilizzate dal Comune per uffici.
Trattandosi di un antico edificio posto a ridosso di un altro che sino a tempi abbastanza recenti è stato utilizzato come biblioteca - ma che in precedenza era utilizzato come Monte di Pietà eretto nell’anno 1767 - desidero segnalare alla nuova amministrazione comunale che non ha senso lasciare le parti lapidee nello scantinato della Gabelli di cui con molta probabilità nessuno in Comune più si ricorda. Sarebbe invece doveroso esporle al pubblico, addossandole al muro di ponente dell’ex biblioteca proprio sul varco lasciato dall’edificio abbattuto agli inizi degli anni Sessanta, essendo parti importanti del sottoportico che era visibile dalla piazza della Motta. Sarebbe opportuno completare il tutto con un pannello didattico finalizzato a ricordare ai concittadini l’edificio un tempo esistente, la cui porta era l’unico varco per entrare nella piazza. Il tutto completato da mappali d’epoca e disegni e/o fotografie prima della sua demolizione, per conservare una memoria urbanistica che si completerà quando il castello sarà restituito alla città.
Desidero infine ricordare che il toponimo Motta si riferisce alla storia più antica di Pordenone, ancora tutta da scoprire. Questo termine era attribuito a un luogo fortificato creato con il terreno di risulta proveniente dal fossato, difeso poi da palizzate che lo circondava, come lo si può ancora notare studiando le antiche altimetrie di quest’area, essendo posto su una altura in prossimità delle bassure del Noncello, ormai da tempo bonificate. Il toponimo inizia ad apparire in Italia nel X secolo in luoghi similari: Motta Visconti (Milano), Motta di Livenza (Treviso), Motta Baluffi (Cremona), Motta Vagnoni (Torino).
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