«No, lui è troppo giovane per essere un orologiaio»

TAVAGNACCO . Un mestiere raro, per molti addirittura “ignoto”. Un uomo in là con gli anni, la testa china, tutto concentrato a maneggiare quello strano meccanismo che da giorni non vuole saperne di segnare l’ora corretta. È questa l’immagine che chiunque visualizza quando sente la parola orologiaio. E così è stato anche per la concorrente della trasmissione televisiva serale di Raiuno “I soliti ignoti”, condotta da Amadeus, che martedì sera si è trovata di fronte a un 39enne in giacca e camicia. Un tipo giovanile, dalla faccia simpatica. Chiamata ad abbinare a ognuno degli otto sconosciuti in studio la giusta identità, la donna tutto ha pensato tranne che si trattasse di un uomo che con lancette e ingranaggi “gioca” sin da bambino.
La storia dell’orologiaio “ignoto” Paolo Tarondo comincia grazie a papà Antonio. È lui che mette in piedi l’azienda Tarondo orologiai nel 1965. Padre e figli – c’è anche il fratello maggiore di Paolo, Marco – fanno crescere il laboratorio e lo trasformano in una realtà di spicco del settore. «Siamo stati contattati dagli autori del programma circa 20 giorni fa – rivela Paolo –. Facciamo un mestiere inconsueto, ma la nostra orologeria è l’anello di congiunzione tra antico e moderno, lavoriamo in uno spazio circondato da maxi-vetrate e tra macchinari high tech».
In Italia sono circa 400 gli orologiai, solo 15 in Fvg. L’azienda Tarondo, che dopo anni a Udine oggi ha sede a Feletto, nel 2002 affianca al servizio un suo marchio di orologi meccanici. Nel 2010 nasce il marchio T2Q, orologi innovativi, dotati di esclusivi movimenti ibridi e frutto di uno studio congiunto con il laboratorio dei materiali Matech di Padova e l’ateneo di Udine.
«Crea meccanismi di orologeria» era l’indicazione che descriveva la sua identità. Confusa dall’aspetto del professionista, la concorrente ha invece risposto «realizza plastici».
«Perché, come viene naturalmente a tutti, ha associato questa professione a qualcosa di legato al passato, a persone di una certa età – aggiunge Paolo –. L’ho provato sulla mia pelle quando ho iniziato a lavorare: non mi davano retta perché ero giovane. La cosa più difficile è stata farmi conoscere, affermare la mia professionalità».
Paolo Tarondo, incuriosito dall’occupazione del padre, si è buttato. Perito meccanico, ha conseguito il diploma di orologiaio in Svizzera. «Serve molta pazienza, certo. L’aspetto più affascinante è che grazie al tuo lavoro, grazie all’assemblaggio di pezzi inanimati, il “cuore” dell’orologio ricomincia a battere – spiega –. Amo l’ingegneria che c’è dietro ogni singolo pezzo».
Oggi il laboratorio Tarondo è assistenza certificata dei marchi di prestigio come Omega, Longines, Hamilton, Tissot, Cartier. I tre uomini di casa (l’unica donna della squadra è la segretaria Romina) si distribuiscono le mansioni.
«Ognuno si è specializzato in un compito – conclude Paolo –. La nostra è forza è questa: mettere insieme le nuove tecnologie con i meccanismi più classici».
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