Nimis, nella "piccola Marzabotto" espone la bandiera con l’aquila e il fascio

NIMIS. «Lo scriva pure: sono un nostalgico del Ventennio». Raoul Lestuzzi, 87 anni, non fa nulla per nascondere il suo orientamento politico. Nella vetrina del negozio di abbigliamento che ha gestito per quasi sette decenni, in piazza 29 settembre, fa capolino un calendario del Duce, accanto a una lettera che lo stesso Lestuzzi (per tutti semplicemente Bibi) ha scritto a Mussolini, raccontandogli idealmente di «tangenti, droga, mafia, ex democristiani, ex comunisti, criminali e carogne».
E il 25 aprile, per il secondo anno consecutivo, ha esposto alla finestra la bandiera tricolore con l’aquila e il fascio littorio, quella della Repubblica sociale italiana. Un gesto provocatorio, proprio nella giornata in cui l’Italia festeggia la liberazione dal nazifascismo. E proprio in quella Nimis che il 25 agosto del 1944 conobbe una delle pagine più nere della Seconda guerra mondiale in Friuli, con il rastrellamento e l’uccisione di 33 civili nella frazione di Torlano.
Lestuzzi tira dritto, incurante delle possibili denunce e dei mugugni di buona parte della comunità. «Io ho visto la liberazione dal vivo, ricordo quando hanno incendiato il nostro paese. La colpa non era certo di Mussolini», racconta convinto, ricordando quando, a nove anni, incontrò il fondatore del fascismo, «a Lignano, quando venne per inaugurare la colonia».

E la bandiera? La mostra con orgoglio: «La tiro fuori ogni 25 aprile, l’ho comprata a Predappio. Polemiche? Macché. Qualcuno ha chiamato i carabinieri, ma io non ho paura di finire in galera: spero mi ci mandino, così non pago luce e gas per un po’», scherza.
Bibi ha un’autentica venerazione per il Duce, che gli appare in sogno e lo ispira: «Io soi nasut a Nimis sot Mussolini, quant che ben o mal, si imparave rispiet e educazion, in che vulte i talians erin duc fascist», scrive in uno dei suoi dattiloscritti, che distribuisce puntualmente a chi lo va a trovare.
Ce l’ha con l’attuale classe politica, con il fisco che «manda in ruvine» gli italiani, con i friulani che «pal 80% no son boins di lei il furlan». L’ottuagenario, che in paese è conosciuto per aver vestito almeno quattro generazioni («Una volta lavoravamo in otto, qua dentro», sospira accendendo la luce del negozio chiuso dall’inizio dell’anno), non è rimasto rintanato nel suo guscio: ha girato il mondo, suonando il violoncello e la fisarmonica in decine di iniziative folkloristiche, ha assistito all’incoronazione di Elisabetta II a Londra e ha, come scrive orgogliosamente sul biglietto da visita «friends all over the world», amici in tutto il mondo.
A Nimis le reazioni sono contrastanti. C’è chi, girandosi il calice di bianco tra le dita, sghignazza: «È il solito Bibi», dicono al bar-albergo Trieste. C’è chi si ferma con l’auto per fotografare il vessillo fascista, chi - interrogato - ammette di non averlo neanche notato e chi prende le distanze, come il sindaco Gloria Bressani: «Un gesto esecrabile, che leggo più come gesto di protesta che come volontà di promuovere il pensiero del Ventennio». Lestuzzi dovrà spiegarlo alla Digos: rischia la denuncia per apologia di fascismo. —
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