Nicolai Lilin e il tatuaggio: forma d’arte che si fa moda

Lo scrittore russo spiega simbologia e segni. «C’è chi non sa cosa si imprime sul corpo»

UDINE. Perché si sceglie di marchiarsi la pelle con un tatuaggio? Il tatuaggio è una moda o è una forma d’arte? E se fosse un modo per promuovere e far conoscere il proprio territorio?

Lo scrittore russo naturalizzato italiano Nicolai Lilin, conosciuto anche come un “marchiatore” della pelle, è convinto che con i tatuaggi si possa portare nel mondo il proprio paese. Lui, per esempio, l’ha fatto; ne è una prova.

«Sicuramente i tatuaggi servono per promuovere un territorio; sono come un’arte grafica, una via di comunicazione, così come la letteratura o un dipinto sono arte. Allo stesso modo tramite un tatuaggio si può conoscere meglio un territorio. In Siberia, nel mio paese, quella dei tatuaggi è una tradizione antica, una cultura che con piacere condivido e promuovo».

Di questo e delle varie forme nelle quali i media presentano, definiscono, identificano e promuovono un territorio se ne parlerà giovedì.

Per discutere di territorio, media, storytelling e promozione l’Università di Udine ha organizzato a Gorizia, giovedì, dalle 15 alle 19 nell’aula 3 del polo di Santa Chiara (via Santa Chiara 1) il convegno “This must be the place. Media, territorio, promozione” con alcuni tra i maggiori studiosi del settore.

L’università ha voluto tra i relatori esperti anche Lilin proprio per la sua originalità e per la sua conoscenza del mondo dei tatuaggi. «Un corpo senza tatuaggi è un corpo che non racconta nulla», ha scritto Lilin. Sarà vero?

Il tatuaggio: dalle tribù antiche a boom planetario

Il tatuaggio è una forma d’arte?

«È senz’altro anche una forma d’arte, dobbiamo essere consapevoli che oggi una crescita moderna ed eccessiva porta a un consumismo che sta distruggendo le altre culture. Si tratta di un fenomeno nel quale le componenti culturali della nostra società, che prima erano prettamente artistiche, diventano invece commerciali. Partiamo dal fatto che l’uomo voleva esprimere la propria cultura artistica anche sulla sua pelle e oggi questo è diventato una moda che nulla ha a che fare con l’arte. È un meccanismo sociale che coinvolge i propri idoli. E il tatuaggio oggi è anche una parte consumistica. Ci sono tanti personaggi che eseguono opere bellissime, ma sono commerciali e non sono arte. E poi ci sono coloro che portano avanti tradizioni con regole e simboli. In Italia tra i moltissimi tatuatori commerciali ci sono anche artisti come Maurizio Fercioni che danno un significato profondo a quello che fanno. Io mi dissocio da chi fa tatuaggi lontano dai significati e dalla cultura. Nella mia tradizione siberiana, gli antenati si mettevano ad ascoltare i racconti delle persone e poi questi racconti si trasformavano in simboli, un alfabeto di simboli e di parole trasformati in disegni e tatuaggi».

E chi viene da lei a tatuarsi cosa chiede?

«Chi viene da me non ha in mente un soggetto e né io lo suggerisco. Nasce tutto nel segno della tradizione siberiana e dal ragionamento. Uso gran parte delle simbologie della tradizione e della filosofia che una volta era dei vecchi. Si crea un rapporto intimo tra me e chi viene a tatuarsi e si decide di raccontare qualcosa di personale attraverso un simbolo».

Il tatuaggio è sempre più di moda

E quindi c’è anche chi si tatua senza conoscere il senso di ciò che fa?

«Certo. E manca di rispetto nei propri confronti, si porta addosso simboli che non gli appartengono. Per esempio, in giro si vedono uomini che si sono tatuati la tartaruga maori, la si vede in decine di uomini, anche al mare. Ma è evidente che non conoscono il significato: la tartaruga maori è il simbolo della fertilità femminile; quindi scegliendo cose che non si conoscono oltre a dimostrare ignoranza si sfiora anche il ridicolo. Bisogna dare una interpretazione che abbia un senso».

Lei collabora anche con i coltellinai di Maniago. Cosa fa?

«I fratelli Gianfranco e Maurizio Maserin sono un altro esempio di artisti, artisti della lama, lavorano, hanno una produzione industriale, ma non hanno ucciso l’anima artigianale della loro professione. E questo accade sfruttando materiali di un certo tipo e conoscenza. Il coltello è uno degli attrezzi più antichi che l’uomo usa. Io adoro i fratelli Maserin. Con loro ho realizzato tre tipi di coltelli: uno siberiano e due militari. E con il friulano Danilo Rossi Lajolo, esperto nei coltelli da combattimento, faremo un coltello esclusivo».

Lilin ha conosciuto la ribalta con il suo primo romanzo “Educazione siberiana” racconta la sua infanzia e la sua adolescenza nella presunta comunità criminale di origine siberiana (chiamati Urka) stanziata in Transnistria.

La comunità di cui fa parte è regolata da leggi interne non scritte ma rigidamente osservate pena l’espulsione. Lilin descrive inoltre la complessa simbologia dei tatuaggi siberiani. E nel libro “Storie sulla pelle” lo scrittore narra dei criminali siberiani e delle vite che si portano addosso, incise dalla mano esperta del kol’sik: sacerdote e custode della tradizione, il tatuatore è l’unico a comprendere fino in fondo la lingua arcana dei simboli.

I tatuaggi, mentre raccontano delle storie, ne creano altre: generano incontri ed equivoci, stabiliscono legami, decidono, a volte, della vita e della morte. Ed è attraverso questo vortice di storie che Nicolai Lilin spiega la tradizione dei “marchi” siberiani. Una strada per far conoscere non soltanto i tatuaggi, ma la sua terra.

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