Nel suk di viale Leopardi l’appello dei residenti: «Ora abbiamo paura»

Le risse sono quotidiane, molti negozi locali hanno chiuso «Troppi stranieri, questo non è più il nostro quartiere»
Di Alessandra Ceschia
Udine 11 Agosto 2016. Suck di via Roma. Foto Petrussi
Udine 11 Agosto 2016. Suck di via Roma. Foto Petrussi

Serrande abbassate, nugoli di stranieri appollaiati sulle panchine, ragazzi che ciondolano nei pressi della stazione delle autocorriere senza apparente motivo. E il coprifuoco per i residenti che scatta sin dall’imbrunire.

Era nato come un’elegante passerella cittadina viale Leopardi, una promenade impreziosita dalle magnolie lilla sulla quale sorsero i primi grattacieli cittadini e dove, nelle sere d’estate, le famiglie udinesi s’incolonnavano davanti al “Morettino” per godersi un cono con due palline del gelato più buono della città.

La gelateria, passata di mano in mano, resiste, e rappresenta uno degli ultimi baluardi del commercio locale sul lato del viale a ridosso dell’autostazione. Ma i clienti sono diminuiti assai rispetto al passato. A passeggiare non sono più le famiglie, ma un coagulo di gente arrivata da ogni dove, che cresce di giorno in giorno mutando irreversibilmente la fisionomia cittadina.

«Qui la situazione è drammatica – è il commento dei titolari – le risse sono all’ordine del giorno». Un’altra commerciante rincara la dose: «Vicino all’autostazione c’è sempre un assembramento di giovani, purtroppo, temo siano dediti allo spaccio, la polizia passa frequentemente, ma non è facile coglierli in flagrante e fermarli. L’altro giorno hanno sanzionato un giovane per schiamazzi e disturbo, ma appena la Volante se n’è andata lui ha strappato il verbale e ha fatto un gesto inequivocabile, per spiegare che lo considerava alla stregua della carta igienica, quindi è tornato assieme agli altri come niente fosse».

Non molto distante il gruppo è ancora là, presidia l’imbocco dell’autostazione. Uno di quei ragazzi si avvicina con fare incerto. «Che hai da guardare? Mi conosci?» è la sua domanda. L’accento è italiano. Italianissimo. Anche se comprendere il significato di quelle parole, che pronuncia con voce impastata e lo sguardo annebbiato, non è affatto semplice. Di fronte, sulle panchine e sull’erba, gruppi di extracomunitari consumano i polpastrelli pigiando sui tasti dei loro smartphone, dimentichi del resto, o almeno così sembra. «Non è così – assicura una commerciante dall’altro lato della strada – si interessano fin troppo alla gente, spesso, infatti importunano le ragazze che passano. Non a caso la nostra clientela è diminuita perché alcune signore non se la sentono più di venire a fare acquisti da sole».

Uno dopo l’altro, i negozi sono stati rilevati dagli stranieri. La pelletteria, la rivendita di piccoli elettrodomestici, la tintoria, hanno ceduto il passo agli internet point e ai money transfer, dove flussi di parole e di denaro circolano incessantemente da un capo all’altro del mondo.

Un negozietto, un tempo gestito da udinesi, ora vende la frutta e la verdura esposta nelle cassette sul marciapiede a qualche spanna dalle vetture in sosta, sembra di stare in un suk. «A noi non sarebbe permesso di lavorare così, ci farebbero chiudere subito» commenta un negoziante. «Noi dobbiamo attenerci alle regole, veniamo multati per ogni irregolarità, ma gli stranieri si prendono licenze che a noi non sono concesse. Io tengo duro, ho un negozio di proprietà e non chiudo, ma molti altri hanno lasciato» ammette. Se n’è andata Giocarta, così hanno fatto la banca e la rosticceria.

I residenti hanno sempre meno voglia di uscire. «Qua ormai si vede di tutto – commenta un’anziana mentre avanza appoggiandosi al bastone – si picchiano quasi ogni giorno, usano le aiuole come latrine e la sera, poi, arrivano prostitute e transessuali, io sono vecchia, cosa vuole che mi facciano, ma per le ragazze è un’altra storia».

Le fa eco una signora che da decenni abita in uno dei palazzoni affacciati sul viale: «Dopo una certa ora nessuno di noi ha il coraggio di scendere. La mattina troviamo vetri rotti, quando non danni alle auto in sosta. Fino a qualche anno fa – aggiunge – io rientravo a casa tardi, andavo a teatro la sera senza alcun problema. Ora non ci penso nemmeno. Devo dare atto che il personale della Questura passa di frequente nella zona a controllare. Ma anche loro – poi constata – che possono fare?». In effetti, poco dopo, una Volante esce dall’autostazione, quella della polizia municipale parcheggia sul viale e ne escono due agenti. L’arteria stradale è presidiata. O almeno così sembra.

Ma il clima è cambiato e la percezione dei residenti pure. Qualche giorno fa una commessa stava camminando per raggiungere il posto di lavoro quando si è fermata ad aiutare un’anziana: «In mezzo a un cespuglio c’era un ragazzo che si stava masturbando in pieno giorno e quell’anziana lo guardava atterrita senza trovare il coraggio di passare – è il suo racconto –. L’ho accompagnata io». C’è chi addossa la colpa ai profughi: «Sono troppi» sentenzia un esercente. E c’è chi non è affatto d’accordo: «Sono anche i “nostri”» ribatte una residente.

Lo scontento è diffuso: agli interventisti che invocano una maggiore presenza di forze dell’ordine sul territorio si contrappongono quelli che hanno ceduto alla rassegnazione. Comunque sia, si fa fatica a riconoscere le sembianze del vecchio ed elegante viale Leopardi in quel formicaio che attraversa un quartiere dove per vendere un appartamento occorre abbassare il prezzo ben al di sotto dei valori catastali, dove il commercio locale non esiste quasi più e dove il sospetto e la paura dilagano.

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