Nel Pordenonese c’è una piccola “Town” del Sol Levante con 17 ristoranti di cucina orientale
La moda del sushi spopola anche qui: gli ultimi due locali giapponesi aperti di recente lungo la Pontebbana. Una moda cresciuta velocemente, che ha attirato soprattutto i più giovani

Nemo propheta in patria. Sembra essere il destino del frico, eletto di recente tra i piatti regionali più apprezzati d’Italia, ma proprio nella sua terra minacciato dalla moda che, anche a Pordenone, guarda sempre più a Oriente.
In tutta la città, infatti, comprese le zone più periferiche, si contano diciassette ristoranti di cucina orientale. Una piccola “Town” del Sol Levante che dalla Pontebbana si estende fino alle porte di Porcia, passando per la zona della Fiera. Bacchette (posate per i principianti), salsa di soia, wasabi e via con un trionfo di sushi. All you can eat .
Tutto quello che puoi mangiare a un prezzo modesto.
Dal polletto al sushi
Uno dei primi in città ad aver piantato radici e scommesso su quella che nel 2010 era solo una curiosità etnica, è stato l’Osaka a Rorai Grande, oggi sostituito da un altro ristorante giapponese. In Pontebbana, invece, gli ultimi due arrivati. Impossibile non notarli.
Luminosi, architettonicamente imperiali, ma soprattutto (ed è questo che suscita curiosità) a una manciata di metri uno dall’altro. Tra la discoteca Opium e la sala da bingo Planet Fun hanno aperto Impero e Oya Sushi. E nel dubbio, se questi fossero al completo, è sufficiente attraversare la strada per trovarne un altro pronto a soddisfare le proprie voglie d’Oriente.
Prezzo e clientela
Proprio lì, dove fino a qualche anno fa si mangiava il polletto e si beveva birra, adesso ha preso il sopravvento il cibo orientale.
Un fenomeno, una moda cresciuta velocemente, che ha attirato soprattutto i più giovani. Si parte dai diciott’anni fino ai trenta. «I giovani non sono più radicati al territorio, sono mossi dalla curiosità di provare altro».
Questa la possibile spiegazione, per dare una risposta al fenomeno in crescita, che dà Fabio Cadamuro, presidente provinciale Fipe (Federazione pubblici esercizi), per il quale «è inevitabile, la gente gira e vuole provare altro.
Anche a Londra non so quanto vada ancora il Fish and Chips». Ma nelle grandi metropoli le mode corrono in fretta e si perdono, in una realtà più piccola come quella pordenonese la direzione della moda balza più all’occhio.
Tutto infatti sarebbe riconducibile a due fattori: moda ed età. Secondo Cadamuro, non sarebbe nemmeno una scelta di prezzo. «Si spende lo stesso» afferma, perché – fatta eccezione per il pranzo, dove possono esserci formule fisse – anche per la cena, dopo due o tre portate il costo inevitabilmente sale.
La fine della tradizione
Sull’argomento interviene anche Pier Dal Mas, titolare del ristorante stellato “La Primula” e presidente provinciale Fipe ristoranti, che ricorda come tutti questi locali siano gestiti da cinesi, nonostante la loro storia giapponese. Un elemento che potrebbe influire sul rispetto dell’originalità dei piatti.
Tuttavia quello che preoccupa maggiormente è l’orizzonte futuro della cucina locale, a rischio di sopravvivenza non tanto adesso, quando c’è ancora l’imprenditore pronto a scommettere sulle pietanze nostrane e un cliente adulto interessato a un certo tipo di sapori, quanto tra qualche anno, quando a tavola si siederanno le generazioni di oggi, cresciute a sushi, hamburger e kebab.
«Il problema più grosso» continua Dal Mas «è che i giovani, avvicinandosi sempre più al fast food, paninoteche e locali etnici, potrebbero perdere l’esperienza dei nonni e i sapori della loro cucina, ragion per cui col passare del tempo certe tradizioni verranno dimenticate.
È uno dei rischi da valutare». Un monito, un primo avviso a fare attenzione al proliferare incontrollato di ristoranti etnici, dove il guaio non è certo solo di rubare la scena alla cucina da osteria, quanto di minare le radici della tradizione locale.
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