Né truffa, né ricettazione: tutti assolti

L’inchiesta partita dalla denuncia di un impresario friulano per l’acquisto di un marchio e la perdita di 500 mila euro



Non ci fu la truffa ipotizzata a carico di una coppia di coniugi di Lignano ai danni di un imprenditore friulano e, come logica conseguenza, non ci fu neppure la ricettazione dell’auto di lusso acquistata con i soldi del reato e contestata ai tre titolari di altrettante concessionarie. Niente di niente e senza neppure la riserva del dubbio. Si è chiuso così, con l’assoluzione «perché il fatto non sussiste», il processo avviato poco più di due anni fa nei confronti di Giancarlo Zanardo, 66 anni, residente a Lignano Sabbiadoro, della sua ex moglie Mara Dandrea, 49, con casa a Cortina d’Ampezzo, e di Antonio Enrico Maria Carnelutti, 59, di Tricesimo, titolare dell’omonima concessionaria, Massimiliano Zuin, 46, di Quinto di Treviso, dell’Autopolar di Conegliano, e Claudio Cadamuro, 49, di Vittorio Veneto, della Laguna Motors srl.

La sentenza è stata emessa dal tribunale collegiale presieduto dal giudice Mauro Qualizza (a latere, Roberto Pecile e Luca Carboni), a fronte delle richieste di condanna formulate per tutti dal pm Claudia Danelon: 2 anni per Zanardo, 1 anno e 6 mesi per Dandrea e 1 anno e 4 mesi per gli altri tre. Nel procedimento, l’imprenditore che con la sua denuncia aveva messo in moto la macchina giudiziaria, Ugo Lucio Casco, titolare della Ceramiche Florimar, di Precenicco, si era costituito parte civile con l’avvocato Virio Nuzzolese. «Leggeremo le motivazioni per capire perché si sia deciso di assolvere – il commento del legale –. Comunque, questo è solo il primo grado di giudizio e un’assoluzione può essere ribaltata in appello, come peraltro già avvenuto proprio a Zanardo in un caso molto simile».

In ballo, la presunta perdita di 504.223 euro, che Casco avrebbe subìto nel 2014, versando a Zanardo una serie di bonifici bancari, in vista del completamento di un’operazione poi mai realizzata. Il progetto, stando a quanto ricostruito dalla Guardia di finanza, prevedeva l’inclusione di Zanardo nella Florimar quale socio finanziatore e la cessione da parte dello stesso Zanardo del 50 per cento del valore del marchio “Revenge of homeless illimited” per 375 mila euro. Un marchio che gli inquirenti avevano accertato essere nullo, in quanto riproduzione di altro già registrato. I concessionari erano stati a loro volta coinvolti, per l’acquisto di un’Audi A6 da 138 mila euro gravata da vincolo cautelare.

«Tutti i testi da noi chiamati a testimoniare – ha affermato l’avvocato Giovanni Battista Muscari Tomaioli, difensore di Zanardo –, e cioè un notaio, un maresciallo dei carabinieri e un avvocato, hanno deposto in modo contrario alla versione di Casco, che di questo chiameremo a rispondere. È stato dimostrato che era interessato ad acquistare il marchio e che questa è l’attività che il mio assistito svolge a Londra». Di «dichiarazioni fantasiose» ha parlato anche l’avvocato Guido Galletti, difensore di Dandrea, che ha definito «il convitato di pietra» di questo processo. Venuto meno il reato madre della truffa, è caduta anche la ricettazione, che l’avvocato Maurizio Conti, difensore di Carnelutti, ha comunque ricordato avere come oggetto il provento o profitto: il denaro, quindi, e non un’auto, come invece qui contestato. —

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