Morto Mario Pitton, fece crescere Maniago

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Maniago perde un pezzo di storia: è mancato a 96 anni Mario Pitton, uno degli ultimi testimoni e protagonisti della città del coltello che è saputa rinascere nel dopoguerra. Imprenditore, vicesindaco e tra i padri del Consorzio Nip, strategico per lo sviluppo in primis della zona industriale maniaghese, è stato anche docente dell’ex scuola serale di disegno della città. Un personaggio poliedrico, amante della cultura, impegnato pure in ambito sociale, come hanno messo in evidenza il sindaco Andrea Carli e l’assessore all’istruzione e alla cultura Anna Olivetto.
«La sua bontà d’animo rimarrà indelebile nella memoria di chi lo ha conosciuto – ha commentato Olivetto –. In ambito sociale, in particolare dove c’era bisogno, Mario era presente». Intenso pure il ricordo del primo cittadino. «Mario era sposato con la mitica maestra Clementina Mazzoli Chiasais: per chi non ha avuto l’opportunità di conoscerlo, posso dire che si è speso con grande amore per la comunità di Maniago, in modo particolare per le persone semplici, in cima alla lista delle sue priorità – ha commentato Carli –. Più volte eletto consigliere comunale sin dalla fine della seconda guerra mondiale, ha rivestito il ruolo di vicesindaco col primo cittadino Ermanno Rigutto. Si è occupato soprattutto di opere pubbliche: scuole e ospedale. Ha fatto parte del comitato per la costruzione della casa della gioventù e ha creduto nella nuova zona industriale, sostenendo le necessità del Nip. È stato sempre presente pure per dare una mano nella gestione degli affari contabili della parrocchia».
Carlo, papà di Mario, aveva una falegnameria in via Manzoni (era stata fondata nel 1858). «Casa e bottega – ha aggiunto il sindaco –. Poi Mario ha aperto un negozio di mobili, attività andata avanti per diverso tempo anche nella nuova sede di via Umberto I, di fronte al teatro. Ho bei ricordi personali che mi legano a Mario. Alle quattro figlie, Paola, Carla, Renza e Livia, le più sentite condoglianze». Pitton da un paio di settimane era anche diventato bisnonno del piccolo Luca.
Parole di grande amore sono state pronunciate dalla figlia Renza, a nome anche delle sorelle. «Nostro padre ha sempre operato nel pubblico dimostrando grande spirito di servizio, senza protagonismo – ha raccontato –. Molto esigente e rigoroso prima di tutto con se stesso, è stato un papà anche per i suoi collaboratori. Una persona di grande cuore e spessore».
«Se qualcuno mi chiedesse chi era nostro padre, risponderei una persona che amava fare bene le cose – ha aggiunto –. In qualsiasi progetto metteva passione, impegno e precisione, valori che ci ha trasmesso. Amava leggere e conoscere: credeva nell’istruzione ed era convinto che il sapere è fonte di salvezza e che, se l’uomo non impara, non avanza».
Pitton si era diplomato come perito industriale a Udine. Finita la scuola, si era dedicato all’attività di famiglia in falegnameria: suo padre e suo zio erano ebanisti specializzati (tra i maggiori lavori il rifacimento dei banchi del duomo e alcuni restauri a palazzo d’Attimis). Poi il negozio in centro. Un impegno in molti ambiti, insomma, nei quali ha sempre dato prova di profonda umanità unita a grande professionalità. —
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