Morìa di api, la difesa e gli indagati: è giusto smontare l'inchiesta, non si spara così nel mucchio

L’avvocato Tapparo: «Il provvedimento dei magistrati era illegittimo». Saro: «Bastava una soluzione politica». Zampa: «Possiamo lavorare sereni»

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UDINE. È il giorno della rivalsa per gli agricoltori friulani, finiti nell’occhio del ciclone (anche giudiziario) con l’accusa di aver contribuito a causare lo spopolamento delle api. Le motivazioni depositate dal tribunale del riesame smontano tale ipotesi, sottolineando l’assenza di un collegamento “causa-effetto” tra l’utilizzo nei campi del fitofarmaco Mesurol, e la moria delle api.

Non fa nulla per nascondere la propria soddisfazione l’avvocato Cesare Tapparo, fin dall’inizio al fianco dei coltivatori, che ha visto “sposare” praticamente in toto dal tribunale del riesame la sua linea difensiva. In particolare, è stata rigettata l’accusa rivolta agli agricoltori di aver «cagionato una grave compromissione dell’ecosistema» utilizzando il fitofarmaco Mesurol «in modo non conforme alle prescrizioni di sicurezza indicate dal produttore».



«Le prescrizioni deve seguirle chi concia il mais, che nel caso specifico non sono gli agricoltori ma direttamente le case sementiere – evidenzia Tapparo –. Gli agricoltori sono chiamati solo al rispetto delle precauzioni indicate sui sacchi. La differenza è sostanziale». Per l’avvocato che sta seguendo la difesa di circa 150 agricoltori, «si tratta di motivazioni trancianti che dimostrano il buon lavoro svolto nelle ultime settimane e che stabiliscono come il sequestro preventivo dei terreni fosse illegittimo». Positiva, a suo dire, anche la decisione di escludere dall’eventuale processo le dichiarazioni inserite nei verbali delle guardie forestali.

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A compiacersi per le motivazioni del tribunale del riesame anche Ferruccio Saro, che nell’inchiesta aperta dalla Procura di Udine è stato coinvolto come agricoltore. «Questa non avrebbe dovuto trasformarsi in una vicenda giudiziaria – ha commentato –. Trattandosi di un avvenimento dai forti risvolti sociali ed economici per il nostro territorio, era auspicabile una soluzione politica».

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Renato Zampa, dopo aver portato in strada più di 150 trattori con il suo Comitato spontaneo, è in qualche modo sollevato: «Ora gli agricoltori possono sentirsi di nuovo legittimati a operare seguendo le norme e il buon senso, come hanno sempre fatto – ha chiarito –. Ci sono delle autorizzazioni rilasciate dai ministeri e dalle istituzioni europee e a quelle dobbiamo rifarci. Se qualcosa va cambiato serve un confronto tra i portatori di interesse. Ciò che ci interessa – ha precisato Zampa – è poter continuare a lavorare con serenità, senza il timore di essere colpiti dalla magistratura per aver agito in buona fede. Gli agricoltori traggono il proprio sostentamento dall’ambiente, quindi è impensabile che agiscano in maniera volontaria per comprometterlo. Ogni coltivatore lavora con competenza e cognizione di causa».

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L’imprenditore di Pagnacco non si nasconde, però, dietro a un dito: «Se ci sono responsabilità per azioni improprie da parte di qualcuno – ha evidenziato – queste vanno isolate e punite, ma senza sparare nel mucchio e gettare il dito contro un’intera categoria».

Ad amareggiare di più gli operatori è stato il fatto che si è voluto colpire l’ultimo anello della catena, cioè gli agricoltori che utilizzano le sementi conciate da grandi gruppi economici e immessi sul mercato dopo autorizzazioni arrivate da Roma e Bruxelles.

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