Molesini, l’ignoranza dilaga il libro è l’ultima ridotta

Lo scrittore premio Campiello 2011 per “Non tutti i bastardi sono di Vienna”: «Occupanti e occupati si somiglierebbero, se la guerra non li dividesse».
foto missinato - convento sf - premio campiello
foto missinato - convento sf - premio campiello

«Il libro per me è la prima linea di difesa, l’ultima ridotta che ci separa dai predoni». Messa da parte l’emozione che dal palco di Venezia gli segnava la voce e gli occhi, Andrea Molesini, fresco trionfatore al 49° Campiello, si gode a Pordenone la sua prima uscita pubblica dopo la vittoria, con tutta la soddisfazione di chi alla fine ha avuto quello che meritava. Dopo una pregevole carriera spesa a ricreare le parole di altri – da traduttore colto ed esperto consiglia «leggete Simic ne vale la pena» – e a riempire una letteratura – quella per ragazzi - guardata con sufficienza da editori, autori e grande pubblico, per via di cose sguarnita di grandi firme, ecco che adesso Andrea Molesini le sceglie lui le cose da dire, come dirle e a chi dirle. È per questo che non si parla di esordio, con il suo Non tutti i bastardi sono di Vienna pubblicato da Sellerio, anche se il suo è il primo libro che si inserisce in quella letteratura da adulti, di nuovo, contrapposta a quella per non adulti.

Accolto da un pubblico curioso, accaldato e già stremato dall’umido di una serata troppo calda per un settembre pordenonese, Molesini cattura immediatamente raccontando che un po’ se la sentiva, questa vittoria. «Un segno è stata l’entusiastica recensione uscita in Spagna su El País, sabato 3 settembre, poi andando in giro guardavo le pile dei libri in vendita e le mie erano quasi sempre alla fine, altro buon segno, per scaramanzia non ci pensavo, ma in effetti sapevo di esserci vicino». Già tradotto in tre lingue, spagnolo, tedesco e olandese, il libro prende spunto dal diario di una prozia, «solo una ventina di pagine, annotazioni scarne, sui fatti di Villa Spada, e da lì ho iniziato un lavoro di ricerca, cinque anni, su tutto, dalle operazioni militari alle armi alle abitudini alimentari, il risultato è un’opera che parla di persone in modo vero, autentico». Il suo segreto – chiarisce soddisfatto – è nell’essere una tragedia ma con il cuore pulsante della commedia».

Già, perché il racconto drammatico di Non tutti i bastardi sono di Vienna, fatto di violenze, stupri, sangue, fame e miserie, ha come contrappunto un sottofondo di leggerezza nella sagacia comica e pungente del nonno Guglielmo. Ambientato tra il novembre del 1917 e l’ottobre del 1918, ha la voce narrante di Paolo, ragazzo diciassettenne che scopre la vita assistendo all’occupazione dei tedeschi prima e degli austriaci poi di Villa Spada, dimora signorile nei pressi del Piave, dove gli invasori sistemano il proprio quartier generale. La storia è a tratti cruenta, come lo deve essere una ricostruzione rigorosa, ma sarebbe un errore classificarlo come un romanzo storico perché finisce per rappresentare un quotidiano molto vicino al nostro, zeppo di contraddizioni, figure meschine ed eroi che si confondono e ci confondono. «Il paradosso è che occupanti e occupati sarebbero molto vicini, se non fossero divisi dalla guerra. Leggono gli stessi libri, hanno le stesse passioni, ma per forza di cose sono su lati opposti». «È un libro di donne – precisa – non solo perché descrive un mondo di donne, ma perché anche le donne fanno la loro guerra pur in battaglie differenti. E come nell’Odissea alla fine è Penelope che che fa vincere Ulisse, così sono le donne le vere protagoniste del mio racconto, la sensuale Giulia, la nonna Nancy, la zia Maria». Troppo naturale la metafora con l’attualità che confonde miserie e valori, ma Molesini glissa. «Non penso all’attualità, penso piuttosto che lingua è la patria di un uomo, a maggior ragione di fronte alla costante sensazione di oggi di essere sempre ospiti dovunque. La lingua parlata e scritta. Il libro per me è la prima linea di difesa, l’ultima ridotta che ci separa dai predoni». Chi sono i predoni? «Gli ignoranti di ogni specie e generazione – sorride – da quelli che dilagano in tv a quelli che fingono di non esserlo».

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