«Mio nonno vestì Zanussi, ora lotto a Porcia»

È da una settimana che, montati i gazebo, lavoratori e delegati sindacali stanno presidiando, giorno e notte, la portineria Nord dell’Electrolux, sotto una pioggia battente.
Una rabbia composta quella dei lavoratori, provocata dall’incertezza per il futuro, una rabbia che si materializza nelle migliaia di volti, filmati e fotografati, con i segni dalla preoccupazione per il mantenimento del posto di lavoro e del reddito per la propria famiglia. Immagini, quelle prese fuori dai cancelli dell’Electrolux, che stridono con i servizi trasmessi nei telegiornali da dentro le aule del Parlamento, dove risse e caos hanno caratterizzato troppi protagonisti della politica nazionale.
Davanti all’Electrolux di Porcia sono figli e nipoti, oggi occupati nello stabilimento delle migliori lavatrici del mondo, a raccontare di nonni e padri che hanno contribuito a creare la “Zanussi”, orgoglio e simbolo del lavoro italiano, impresso su striscioni e cartelli sindacali di cortei e manifestazioni: “Noi siamo la Zanussi !”.
Rabbia, voglia di lottare, speranza su una soluzione positiva che deve esserci per continuare a vivere, sono i sentimenti di Walter, Cristina, Flavia, Tiziana e Sonia, uguali a quelli di Pietro, Antonio, Stefano, Daniele e Lucio, Elisabeth e Alessandra, lavoratori e delegati delle rappresentanze sindacali unitarie – Rsu che si danno i cambi nei presidi notturni e giornalieri. Dalla loro storia collettiva emergono tante singole storie familiari. Come quella di Piero Santarossa - 49 anni, sposato, due figli - emblematica della classe lavoratrice pordenonese e della stessa città di Pordenone.
«Su Facebook – racconta Piero – è apparsa una vicenda significativa che vede protagonista mio nonno Enrico Pasquotti. Nato nel 1887, Enrico era amico di Antonio Zanussi, il capostipite della dinastia Zanussi. Papà di Lino e Guido, Antonio Zanussi, durante la Prima guerra mondiale, nel 1916, ha iniziato a produrre stufe in una piccola officina di Corso Garibaldi. Enrico Pasquotti allora faceva il maestro elementare alla “Gabelli”. Apostolo laico dell’istruzione, quando le piaghe dell’analfabetismo e del lavoro minorile erano diffuse ovunque, mio nonno – ricorda Piero Santarossa – ha prestato il suo vestito della festa ad Antonio Zanussi, che lo ha indossato nel giorno del proprio matrimonio. È un aneddoto – afferma Piero - simbolo di un inizio. Terminata la Prima guerra mondiale, quando tutto ricomincia, si scambiano il vestito nuovo un maestro elementare e il fondatore della Zanussi. È una “piccola”’ storia - continua Piero - che rende orgogliosa la mia famiglia, segnata dalla missione dell’insegnamento, dal lavoro e dall’antifascismo. Mia mamma Evelina e mia zia Gualtiera, come mio nonno Enrico, sono state maestre a Pordenone. Mio zio Antonio, emigrato in Francia a Grenoble, nel 1951 è morto in un incidente sul lavoro. L’altro mio zio, Piero Pasquotti è caduto da eroe nel 1937, durante la guerra di Spagna, ad Albacete, combattendo nelle Brigate internazionali a difesa della Repubblica spagnola, contro il fascista e golpista Francisco Franco. Tutta la famiglia Pasquotti, antifascista, ha subito ogni tipo di angherie da parte del regime di Mussolini. Le storie dei miei familiari e la mia – conclude Piero Santarossa – si identificano con quella della Pordenone democratica e antifascista, che ha costruito un avvenire di lavoro e libertà. Oggi, fuori dai cancelli dell’Electrolux di Porcia, con il nostro futuro di lavoratori, mi sento chiamato a difendere, orgogliosamente, anche la storia che ho appena raccontato».
Sigfrido Cescut
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