Migranti, Udine può uscire dall’emergenza: basta copiare il modello Gorizia

UDINE. A dicembre dello scorso anno a Gorizia arrivavano fino a 40 richiedenti asilo al giorno. Erano i mesi dell’emergenza, quelli in cui, anche a livello nazionale, i media raccontavano di migranti che si accampavano nei parchi cittadini e nella centrale galleria Bombi.
In quei giorni arrivavano prevalentemente pakistani e afghani che avevano già richiesto protezione internazionale in altri Paesi europei e, per le attese o per un rifiuto, avevano deciso di rimettersi in viaggio e provare a presentarla anche in Italia.
In quei mesi l’ex caserma Cavarzerani di Udine si stava lentamente svuotando, arrivando a ospitare meno di 200 persone. Oggi la situazione si è ribaltata: negli ultimi mesi a Gorizia l’arrivo di migranti si è drasticamente ridotto, in particolare grazie al lavoro della polizia. La ricetta? Una massiccia velocizzazione di tutti i processi relativi alle domande.
Il 90% degli arrivi che si registravano all’epoca era, come detto, di stranieri che avevano già presentato domanda d’asilo in un altro Paese europeo e quindi, secondo il trattato di Dublino, di persone che dovevano veder valutata la domanda nel Paese in cui era stata depositata.
Il velocizzare questa pratica ha portato Gorizia a essere la prima Questura in Italia a richiedere direttamente la “ripresa in carico” dello straniero al Paese competente. Tradotto: grazie al sistema Dublinet e alla collaborazione con l’ufficio di Roma preposto – l’Unità Dublino – il giorno stesso in cui lo straniero arrivava in Questura, dall’Ufficio immigrazione partiva la richiesta al Paese competente perché accogliesse nuovamente lo straniero.
Oggi i numeri si sono ribaltati: nelle ultime settimane Udine ha visto arrivare una media di almeno dieci stranieri al giorno mentre a Gorizia i dati si assestano attorno a una ventina di persone a settimana. A Udine, la Croce Rossa ha lanciato un grido di allarme dopo essere stata lasciata sola, con l’esclusivo supporto della Questura.
I migranti in arrivo sono “stipati” in un centro di accoglienza che non è adeguato a ospitare più di 300 persone, con moduli abitativi consegnati da mesi, ma ancora non agibili. Si parla spesso di “emergenza” in campo di immigrazione, spesso a sproposito.
Ma in questo caso la Cavarzerani è passata da 200 persone a maggio a 450 ad agosto. La soluzione? Una singola ricetta non c’è ma più azioni da intraprendere tra cui: rendere più omogenee le pratiche con cui vengono trattati i richiedenti asilo nelle quattro province.
Un rafforzamento dei rapporti con Slovenia e Croazia per la collaborazione tra corpi di polizia. Un immediato coinvolgimento dell’Ue: questi stranieri sono arrivati quasi tutti in Grecia e l’Europa può incidere aiutando Atene, riaprendo e implementando il programma relocation, rafforzando agenzie come Easo e Frontex.
In ultimo, una velocizzazione dei tempi di trattazione delle domande d’asilo permetterebbe un maggior rispetto dei diritti di chi arriva in Italia, ma anche maggiore rapidità nel sancire il diritto o meno di rimanere. —
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