Medjugorje, apparizioni sotto esame della Chiesa e pellegrini divisi

*INVIATO A MEDJUGORJE.
«Ci troviamo in un luogo in cui si raduna una moltitudine di pellegrini. Chiediamo l’intercessione della Madre di Dio, affinché apra i nostri cuori e le nostre menti alla grazia divina, all’insegnamento della Chiesa e alla Parola di Dio. Lo Spirito Santo è la nostra vita ed egli è anche l’anima della Chiesa. Cerchiamo la verità di Dio su noi stessi e anche la verità di Dio sull’uomo».
Con queste parole monsignor Henryk Hoser, inviato speciale della Santa Sede, si è rivolto ai fedeli nella chiesa parrocchiale di San Giacomo, a Medjugorje. L’arcivescovo di Waršava-Praga è qui da mercoledì con padre Miljenko Šteko, provinciale della Provincia francescana di Erzegovina, dopo aver fatto tappa a Sarajevo e a Mostar.
Il delegato pontificio: il Papa è interessato
«Questo luogo di preghiera – ha detto l’inviato – è ora conosciuto nel mondo intero. Il Santo Padre è molto interessato allo sviluppo della pietà popolare che si svolge in questo luogo. Fa parte della mia missione valutare la pastorale di questo luogo e proporre direttive che si dovranno realizzare in futuro. Vengo da un Paese che ha molta devozione verso la Madre di Dio».
Per il momento bastano queste parole, ha concluso l’arcivescovo. Bastano per cominciare una verifica su quanto accade in questo angolo di Erzegovina dal 1981, da quando sei allora ragazzini sostengono di vedere la Madonna. Sarebbero 47 mila apparizioni in 36 anni: non è possibile, sostiene invece il vescovo di Mostar che ha giurisdizione anche qui. Uno stop che stride con una realtà fatta di milioni di devoti, di presunte conversioni e guarigioni.
Due milioni e mezzo di pellegrini
«La Chiesa non si è ancora espressa sull’autenticità delle apparizioni. Dovremmo attendere con calma la posizione definitiva. Non è certo la prima volta in cui la Chiesa è lenta nel prendere una decisione, soprattutto per il fatto che la forma delle apparizioni mariane a Medjugorje è significativamente diversa dalle apparizioni precedenti ben note».
Così due settimane fa, aveva detto al sito Aleteia l’arcivesco Hoser. Ogni anno questo santuario viene visitato da due milioni e mezzo di pellegrini provenienti da tutto il mondo. Può essere tutto questo un «grande imbroglio, il più grande della storia», come sostengono i detrattori? Tutto ciò che avviene qui, a Medjugorje, al momento è scientificamente inspiegabile.
Il vescovo di Mostar: non sono vere apparizioni
È il primo marzo quando il presule Ratko Peri„, con un messaggio ufficiale, stronca il fenomeno Medjugorje. «Tutte le indagini finora condotte sono tese a constatare la verità: le apparizioni sono autentiche o non autentiche? La posizione di questa Curia è chiara e risoluta: non si tratta di vere apparizioni della Beata Vergine Maria». Il vescovo parla di «una figura ambigua che si comporta in modo del tutto diverso dalla vera Madonna nelle apparizioni riconosciute finora come autentiche: di solito non parla per prima, ride in maniera strana, a certe domande scompare e poi ritorna, obbedisce ai “veggenti” e al parroco che la fanno scendere dal colle in chiesa sebbene controvoglia».
E continua l’analisi demolitoria: «Le presunte apparizioni sono iniziate il 24 giugno 1981. Tuttavia i registi del fenomeno hanno deciso che l’anniversario si celebrasse il 25 giugno. La ragione della scelta è che il 25 giugno 1981 sarebbero stati insieme all’apparizione tutti e sei i veggenti scelti fra coloro che vantavano in quei giorni di avere apparizioni. Quindi la data dell’anniversario è arbitraria, inesatta, falsificata». È una “Madonna”, quella che tratteggia il presule, che si mette insolitamente nelle mani dei veggenti, che parla dei congiunti, che annuncia di farsi vedere ancora tre giorni, salvo poi cambiare idea. Prosegue la reprimenda del vescovo: «Cosa molto inusitata e grave: l’apparsa permette che tocchino il suo corpo».
Tenendo conto di tutto quel che è stato esaminato e studiato dalla Curia diocesana «si può pacificamente affermare: la Madonna non è apparsa a Medjugorje!». Petra Ivankovic ha vent’anni e parla bene l’italiano. Appartiene alla famiglia di Vicka. «Abbiamo ricevuto un dono pesante – ammette –. Anche in Italia c’era tanta gente che non ci credeva, che mi insultava. Ma io credo e tutto questo non mi ha mai infastidita». Poi rievoca i racconti della nonna, di prima che la loro vita fosse rivoluzionata dalla Madonna.
«Se ne parla quando siamo a casa tutti assieme. Si viveva di tabacco, si lavoravano i campi, ma era importante Dio e si pregava sempre. Nel villaggio c’era una sola televisione, per gli acquisti si percorrevano 40 chilmetri a piedi». Oggi a Medjugorje sono sorte molte case, «tutto è diverso, rispetto al passato».
Tre mesi prima che la Madonna apparisse, prosegue Petra, «mio zio aveva trovato due rosari sul trattore. Li portò alla nonna e le disse: forse ce li ha lasciati la Madonna. Lei lo riprese: ma come fai a dire queste cose! Erano belli, nessuno al villaggio li aveva così. Chiesero a tutti se li avessero persi, persino al parroco. Ma nessuno si fece avanti. Quando apparve la Madonna, disse che li aveva lasciati lei, per la nostra famiglia». Avrebbe voluto essere lei, Petra, al posto della zia, davanti alla Madre Celeste? «Per loro (i veggenti, ndr) non è facile avere quel dono».
Quando c’erano ancora i carrarmati
Vere o no che siano le apparizioni, ogni anno sono oltre due milioni i pellegrini che raggiungono la Bosnia Erzegovina, che passano il confine croato, percorrono una trentina di chilometri e arrivano a Medjugorie. Tra questi, migliaia di friulani che, nella “categoria italiani”, risultano tra i più assidui al mondo. Vittoria Gaggio, per esempio, è una goriziana che ha compiuto una dozzina di pellegrinaggi.
Da quando lungo le strade c’erano i carrarmati e di hotel non c’era traccia a quando anche questo paesino tra le montagne ha sfruttato l’onda turistica per espandersi e crescere. «Arrivai la prima volta nel 2004 perché desideravo vedere e sentire, capire cosa stava veramente succedendo. Erano gli anni del dopoguerra: carrarmati, macchine bruciate, mortai, case distrutte. La gente era poverissima. Medjugorje non era come oggi: allora venivo ospitata a casa di contadini nei paesi vicini, al mattino ci portavano alle funzioni». Da quella volta, un anno dopo l’altro, una spola continua: «Qui si provano serenità, pace e tranqullità. Credo che la Madonna sia apparsa. Mi darebbero della pazza, ma io l’ho sentita, anche fisicamente, non solo nel cuore. Ho avuto benefici».
Genesi del fenomeno
Era il 24 giugno 1981 verso le 18 quando sei giovani della parrocchia di Medjugorje – Ivanka Ivankovic, Mirjana Dragicevic, Vicka Ivankovic, Ivan Dragicevic, Ivan Ivankovic e Milka Pavlovic – videro sulla collina del Podbrdo una figura bianca con un bambino in braccio. Il giorno dopo, alla stessa ora, quattro di loro, Ivanka, Mirjana, Vicka ed Ivan ci tornarono assieme a Marija Pavlovic e Jakov Colo. Da quel giorno ebbero apparizioni, insieme o separatamente. La notizia si diffuse nella regione, poi in tutti i Balcani, poi in tutta Europa, poi nel mondo. E da quel giorno migliaia di pellegrini, “armati” di fede e di speranza ma anche di scetticismo e curiosità, hanno raggiunto Medjugorje, parrocchia che conta 4 mila 300 abitanti di nazionalità croata, cattolici, risparmiati dai bombardamenti.
Pellegrini che vogliono sentire, meglio se anche vedere. E, sebbene incrociare i veggenti non sia cosa facile, in paese ci sono momenti in cui partecipano ad eventi e si mostrano durante le apparizioni. Vivono a Medjugorje e hanno una apparizione l’anno Mirjana (sposata, due figli), Ivanka (sposata, tre figli) e Jakov (sposato e tre figli). Altri tre continuano ad avere apparizioni quotidiane: Vicka (sposata, una bambina) vive in paese, Marija (sposata, quattro bambini), fa la spola con l’Italia, e Ivan, sposato, tre bambini, abita negli Stati Uniti. Alcuni di loro, peraltro, a volte si sono fermati per incontri con i fedeli in Friuli Venezia Giulia.
Due giorni di autobus
Andare in pellegrinaggio a Medjugorje significa mettere in conto, in corriera, due giorni di viaggio, una dozzina d’ore d’andata e altrettante per il ritorno. Italia, Slovenia, la costa o l’entroterra croati, chilometri e chilometri lungo un’autostrada nuova e poco frequentata, un ambiente brullo, poi distese rocciose i cui strati calcarei si presentano a decine di metri sporadicamente screpolati, sbriciolati o riuniti in massi. Quindi l’ultima frontiera, a sud dell’Erzegovina.
Sbrigate le formalità in container di ferro (dalla cui etichetta si evince che sono stati prodotti in Italia), si passa oltre e l’ambiente cambia ancora. Trenta chilometri tra case isolate e diroccate, donne che puliscono verdura e stoviglie a bordo strada, magre mucche al pascolo, strade sconnesse e polverose. Il 56 per cento del territorio dell’Erzegovina è dedicato al pascolo e all’agricoltura (coltivati soprattutto il melograno e il tabacco), il 42 per cento è coperto da boschi, ciò che resta è il 2 per cento.
Benvenuti a Medjugorje
Dopo mezz’oretta di poco o niente, il biglietto da visita, alla periferia di Medjugorje, è la zona industriale. I grandi marchi internazionali sono arrivati, qui, dalle automobili al comparto odontotecnico, design e arredo per la casa, capannoni scintillanti che stridono accanto a discariche di auto a cielo aperto, case nuove e altre vecchissime di modeste dimensioni, altre in costruzione: «Si va avanti – diranno in paese – mano a mano che ci sono i soldi. Lo sviluppo è mirato alla costruzione di strutture per l’accoglienza di quelli che voi chiamate turisti, noi pellegrini».
Tra prati e terra rosso-marrone pascolano mucche, pecore e galline che fanno il paio con i segni di una economia nascente e di prospettiva fiorente: i suv targati Hib non sono poi così rari, contraposti a furgoni privi di alcun contrassegno. Eccoci, tra le strade di Medjugorje, a marzo, quando ancora è bassa stagione, tanto che le funzioni vengono ospitate nella chiesa parrocchiale e non nel gigante piazzale retrostante. Il via vai di pullman comincerà da aprile all’autunno. Prima della notte (viene sconsigliato di girare soli al buio, dato l’alto numero di tossicodipendenti e il pericolo di scippi e borseggi, anche nelle chiese) c’è tempo per fare una prima tappa spirituale alla croce blu. Si trova ai piedi della collina delle apparizioni, dove è stato creato un angolo per la preghiera.
E così chiamato perché ospita una croce di legno verniciata con colore azzurro. Vi si sale anche di notte, quando s’odono i rumori dei passi lungo il sentiero sassoso e si vedono le lucine delle pile. È facile da raggiungere ed è quindi un posto privilegiato da coloro che non riescono a salire sulla collina del Podbrdo. Disse la veggente Marija: «Tutto è cominciato nell’estate del 1981, quando la milizia ha proibito alla gente di salire sulla collina. Inseguiti, noi veggenti stavamo correndo di là quando, all’improvviso e inaspettatamente, è apparsa la Madonna. Allora abbiamo cominciato a pregare e a cantare. In quel momento sono sopraggiunti i miliziani, sono passati vicino a noi ma non riuscivano a vederci».
Quando Ivan è a Medjugorje, il lunedì e il venerdì, continua ad andare alla croce blu dove ha le apparizioni. «La grande pace, staresti qui per sempre», dicono i pellegrini mentre recitano sette Pater, Ave e Gloria. Si dice che alla croce blu si siano verificate alcune guarigioni fisiche, mentre non si conterebbero quelle spirituali.
Le guarigioni spirituali
Una fra tante ha coinvolto il pordenonese Nicola Catucci, 72 anni, già provveditore agli studi, che incontro nella parrocchiale di Medjugorje, al suo nono pellegrinaggio. «Non frequentavo dai tempi dell’adolescenza a Bitonto, se non per cultura e arte. Consideravo la Chiesa come soggetto di potere, la confessione come strumento per tenere a bada il popolo. Nel 2007 venni nominato provveditore agli studi, dopo qualche mese ebbi i sintomi di una patologia che mi stava aggredendo».
Seguirono mesi di ricoveri al Cro di Aviano, di trattamenti chemioterapici. «L’intervento chirurgico venne sospeso, dissero a mia moglie che avrei avuto pochi mesi di vita». Un suo amico, Dario De Giorgi, organizzava escursioni. «Mi propose di andare da padre Pio: dissi di sì, erano le mie terre». Un pomeriggio, un sogno: «Da un gruppo di persone si staccò una figura femminile di bell’aspetto. Avanzò sorridendo verso me, aprendo le braccia. Ne rimasi turbato. Una settimana dopo, passeggiando per Torre, trovai a terra un rosario. Nella mia vita non avevo mai trovato nemmeno la figurina di un calciatore: dopo due settimane Dario mi disse che stava organizzando una trasferta a Medjugorje. Vengo, dissi».
Qui l’ex provveditore conosce un sacerdote veronese, già neurologo e primario. «Prima lo provocai, poi chiesi di confessarmi dopo 37 anni che non mettevo piede in un confessionale. Mi sentii subito libero, felice. Non sono un baciapile, ma ho ripreso ad andare a messa». La malattia: «Al controllo mi è stato detto che sono un miracolato. Solo il 2% riesce a salvarsi da quella patologia. Sono passati dieci anni, mi tengo controllato, ma sono qui e ringrazio la Madonna». È sera, nella valle di Medjugorje s’ode solo l’abbaiare dei cani. Sono tanti, spesso randagi.
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