Manualità e colori: ecco come la ceramista rifà i cocci medievali

Stefania Zurchi lascia la fabbrica e apre lo studio. Ha realizzato il sogno che coltivava fin da bambina

UDINE. Aveva 23 anni e faceva l’operaia quando ha deciso di cambiare mestiere. Incuriosita dalla passione di una delle sue tre sorelle ha deciso, tra un turno e l’altro in fabbrica, di frequentare un corso professionale all’Irfop di Gradisca d’Isonzo. E quando alla tecnica appresa sui banchi di scuola ha accostato L’innata manualità, si è licenziata e ha fatto «il grande salto», avviando un’attività tutta sua.

Da allora di anni ne sono passati 29 e oggi Stefania Zurchi, classe 1965, con negozio nella centralissima via Ristori a Cividale del Friuli – dietro al banco il marito Claudio Olivo, 56 anni –, e laboratorio a Corno di Rosazzo, è una delle poche esperte ceramiste in Italia che realizza i suoi manufatti rifacendosi a una tecnica antichissima. «Si chiama ceramica graffita – spiega – ed è fatta risalire al Medio Oriente con origini attribuite alla tarda Romanità ed a Bisanzio».

L’ingrediente principale è l’argilla rossa, materiale sul quale, quando è ancora al grezzo, Stefania aggiunge un velo di argilla bianca liquida, in gergo “ingobbio”, sul quale poi esegue mediante graffito (avvalendosi di una punta acuminata) il disegno che porta alla luce la tinta sottostante più scura.

La fase successiva è la decorazione a cui la ceramista non fa mai mancare i cinque colori base usati fin dall’antichità: cobalto, manganese, rame, ferro rosso e ferro giallo, ancora oggi esclusivamente derivati da elementi naturali. Poi c’è la fase dell’essicazione e quella dell’immersione dell’oggetto nella vernice trasparente per renderlo lucido e impermeabile. Infine, la monocottura: circa 10 ore in forno a 980 gradi.

Tutto, dalla preparazione dei colori, degli impasti e delle forme, al recupero delle tecniche decorative, è il risultato di una minuziosa ricerca e di un’assidua sperimentazione che Stefania ha condotto per riproporre l’arte ceramica medioevale, rinascimentale e mozarabica (preromanica quest’ultima).

A vasellame, piatti, caraffe (opere della prima ora che si rifanno ad antichi reperti in argilla graffita), oltre a quadri e presepi, nel tempo si sono accostate le inconfondibili bambole dalla figura longilinea e dal volto sorridente. Una sorta di marchio del laboratorio di Stefania che ha voluto chiamare la sua attività “Tiare”. «La terra – svela – è sempre stata il mio elemento». Fin da quando, ancora bambina, col papà e le sorelle, andava a raccogliere argilla sul greto del torrente Judrio.

La stessa materia da cui oggi prendono forma le produzioni artistiche che vende in tutto il mondo. Pezzi unici anche nel caso delle bambole che, però, sempre più “patiscono” – uscendone comunque indenni, proprio per la loro originalità e particolare tecnica di produzione – i più svariati e maldestri tentativi di imitazione, dalla Francia alla Sicilia. «Mi è capitato di imbattermi in alcune con solo qualche dettaglio modificato, come il colore di base, oppure proprio come tentativo di copia per fortuna mal riuscito», afferma.

Tra le ultime produzioni che fanno bella mostra di sé in vetrina ci sono bambole che, rispetto alle realizzazioni di qualche mese fa, presentano un’acconciatura nuova con due o più piccoli chignon. Lei sorride e spiega: «Mi sono ispirata a mia figlia Sara. Ha 14 anni e in questo periodo si pettina sempre così».

La sua famiglia – ci sono anche Sofia, 18 anni, e l’undicenne Giacomo – è parte integrante dell’attività. Stefania si divide tra il ruolo di mamma e quello di ceramista, motivo per cui da qualche anno ha spostato il laboratorio (agli esordi, prima di Cividale era a San Leonardo, frazione Cemur) a Corno di Rosazzo dove abita.

Dal 2006 anche il marito è entrato nella “filiera” Tiare, preferendola al ruolo di responsabile di un mobilificio. Il negozio è nelle sue mani per volere di Stefania che, ammette, fatica a parlare di quello che fa. Ci pensa dunque lui ad accogliere i clienti e – con un entusiasmo che testimonia l’ammirazione per la maestria della moglie – a raccontare come nascono le ceramiche artistiche. Facendole toccare, perché «la ceramica va presa in mano». Da qui la scelta di non dedicarsi alla vendita online.

I clienti arrivano a Cividale da Cina, Australia, Argentina, Brasile, Stati Uniti, Canada e da ogni parte d’Europa. «Tre turisti californiani – racconta – sono rimasti incantati dalla tecnica di produzione e dal risultato finale tanto che numerosi pezzi sono partiti oltre Oceano».

Le bambole di Stefania – molti le collezionano – sono diventate le protagoniste di cinque edizioni (quattro a Faenza, e una a Marsiglia, in Francia) di “Argillà”, il festival internazionale della ceramica. «Mi piace il confronto con altri ceramisti – afferma Stefania –; sapere cosa producono nel mondo mi dà carica ed entusiasmo per nuove realizzazioni».

L’originalità di quello che esce dal suo laboratorio ha incantato anche i redattori austriaci di una guida delle eccellenze italiane. Non solo: di lei ha parlato puree Lonely Planet e la maestria delle sue mani è stata immortalata dai fotografi del programma di Rai2 “Sereno Variabile” e di un film poliziesco tedesco. Stefania è anche tra i protagonisti del progetto fotografico in cammino “Dentro le botteghe, oltre i mestieri” (presente pure su Facebook), firmato dai fotografi udinesi Antonella Oliana e Angelo Salvin che sono andati alla scoperta di artigiani locali “custodi” di antichi mestieri.

Insomma, le soddisfazioni non mancano. «Fa piacere – dicono marito e moglie –, perché in questa attività abbiamo investito tutte le nostre energie e la nostra passione». Passione che, ammettono, sperano di riuscire a trasmettere a Sofia, Sara e Giacomo. «Per il momento – ammettono – i più interessati a quello che facciamo sono i figli dei nostri amici che quando vengono a trovarci chiedono di fare qualcosa con l’argilla.

Anche se le due ragazze si sono fatte da sole le bomboniere di Comunione e Cresima in ceramica». L’interesse della componente femminile è finito però lì, spiegano i genitori. «Il più piccolo dimostra un po’ di curiosità in più». E chissà che non sia proprio lui a raccogliere l’eredità di Stefania.

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