Mangia bacche velenose, ex Udinese rischia la vita

UDINE. Ha seriamente rischiato la vita – assieme alla moglie, ai due figli maggiori e alla fidanzata di uno dei due – l’ex calciatore dell’Udinese (dal 1988 al 1991) con trascorsi pure a Trieste e a Milano sponda nerazzurra, Angelo Orlando dopo aver ingerito una serie di bacche velenose scambiate per innocui mirtilli.
L’ex centrocampista 50enne originario della provincia di Caltanissetta, ma ormai triestino di adozione tanto da aver eletto il capoluogo regionale come residenza per trascorrere il resto della vita al termine della propria carriera professionale, sabato scorso si trovava alla sagra del lampone e del mirtillo di Avasinis quando ha deciso di avventurarsi nei boschi della piccola località Pedemontana, assieme alla moglie, alla figlia 14enne e a una coppia di amici, per raccogliere in prima persona i frutti tipici della sagra paesana che ogni agosto richiama migliaia di appassionati.
L’errore di Orlando, però, è stato quello di scambiarli per bacche di Atropa Belladonna, una pianta velenosa, estremamente pericolosa se assunta in dosaggi o forme sbagliate diverse dai preparati prescritti sotto rigorosissimo controllo medico e potenzialmente letale per gli esseri umani. «Ma lungo tutto il tragitto – racconta la moglie – che ci era stato consigliato dalla Pro loco locale spiegandoci come sarebbe stato possibile raccogliere mirtilli e lamponi, non abbiamo visto alcun cartello che indicasse anche soltanto una possibile pericolosità legata alla raccolta».
La giornata in Pedemontana prosegue, la famiglia di Orlando e la coppia di amici ritornano a Trieste e decidono di non consumare immediatamente il frutto della raccolta, rinviandolo al giorno successivo quando a cena con l’ex Udinese e la moglie ci sono i tre figli e, appunto, la fidanzata di uno di loro. I “falsi mirtilli” vengono abbinati, come da tradizione, a coppe di gelato a cui rinuncia soltanto la figlia più piccola.
Qualche ora dopo, però, tutti e cinque cominciano ad accusare sintomi molto preoccupanti: dolori addominali, secchezza delle fauci, allucinazioni, agitazione psicomotoria. Quelli tipici, in altre parole, del “Veleno della strega” come viene chiamata volgarmente la pianta da cui si ricava l’atropina utilizzata spesso in oculistica moderna. A quel punto parte la chiamata d’urgenza al 118 che anticipa il seguente trasporto all’ospedale di Cattinara il cui referto parla espressamente di intossicazione da Belladonna.
Due dei cinque componenti del gruppo sono stati tenuti in osservazione temporanea al Pronto soccorso e sono stati dimessi il giorno dopo, mentre gli altri tre hanno dovuto essere ricoverati nel reparto di Medicina d’Urgenza del Nosocomio. Una di queste persone, cioè proprio Orlando, è apparsa da subito come la più grave di tutte tanto da dover essere trasferito nel reparto di Anestesia, Rianimazione e Terapia Antalgica.
Ed è lo stesso ex bianconero a risultare oggi come l’unico paziente ancora ricoverato al Cattinara, per quanto fortunatamente in fase di deciso miglioramento tanto da essere stato riportato nel reparto di Medicina d’Urgenza. «Un’esperienza allucinante – chiosa la moglie di Orlando – che ci ha fatto riflettere e spero faccia riflettere tutti. Anche e soprattutto gli organizzatori di feste come quella di Avasinis».
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