Manager condannati per l’amianto killer: il processo è da rifare

Un lavoratore era morto nel 2011 per mesotelioma pleurico da esposizione all’amianto e i manager - gli unici ancora in vita - che, dal 1972 al 1975, avevano tenuto le redini dell’azienda, la “Adani spa” di Gorizia, erano stati giudicati colpevoli di omicidio colposo e condannati a 8 mesi di reclusione (sospesi con la condizionale). La sentenza, emessa dal tribunale di Gorizia nel giugno 2015, era stata confermata in toto due anni dopo in secondo grado. Ora, ad annullare il verdetto e riaprire la discussione rispetto alle presunte responsabilità imputate a Gianfranco Dolzanelli, 79 anni, di Azzano Decimo, e Aldo Zanussi, 77, appartenente alla nota famiglia di imprenditori pordenonesi e residente a Cortina d’Ampezzo, è la Corte di Cassazione, che, accogliendo il ricorso della difesa, ha rinviato il caso ad altra sezione della Corte d’appello di Trieste.
Al centro della vertenza, la drammatica storia di Lucio Zotti, che alla Adani di via Ressel, all’epoca, aveva lavorato come addetto alla costruzione di caldaie a gasolio, come montatore e rifinitore. La Procura aveva parlato di una sua «esposizione attiva e passiva all’amianto» e contestato agli imputati la violazione delle norme per la tutela della salute e dell’integrità fisica dei dipendenti. «L’organizzazione produttiva – avevano sostenuto i periti del pm – non rispettava nemmeno le norme minime di protezione contro le polveri». Nel determinare la pena, il tribunale aveva comunque valorizzato il risarcimento del danno e l’incensuratezza degli imputati.
Diverse le eccezioni proposte dagli avvocati Giuseppe e Carlotta Campeis, difensori di entrambi, tanto in Appello, quanto in Cassazione. A cominciare dalla contestata «mancanza di prova del nesso eziologico». E cioè del tempo e del luogo in cui la malattia potesse essersi innescata. E dal dubbio altresì sollevato rispetto all’«efficacia salvifica delle misure preventive adottabili negli anni Settanta», ricordando comunque come alla Adani esistesse un sistema di aspirazione delle polveri e fosse previsto l’uso di mascherine respiratorie. Secondo i legali, inoltre, i consulenti del pm avevano usato un modello standard, adattandolo a una realtà diversa da quella in esame.
Tra i punti più discussi, la «posizione di garanzia» di entrambi gli imputati: direttore generale dal 4 febbraio 1972 al 31 dicembre 1974, Dolzanelli, e procuratore speciale dal 31 agosto 1974 all’ottobre 1975, Zanussi. A differenza del collegio triestino, che ha attribuito loro «ruoli che assegnavano la possibilità e la responsabilità di attivarsi per impedire gli eventi dannosi», gli avvocati Campeis avevano indicato nel primo un «direttore finanziario-amministrativo con funzioni di controllo economico» e nel secondo «un puro e semplice membro del consiglio d’amministrazione per un periodo brevissimo». Figure, insomma, cui non poteva competere l’adozione di misure di sicurezza, nè addebitarsi la violazione di norme di prevenzione delle malattie professionali».
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