Maltrattò un’anziana ospite, licenziata

Vertenza tra un’operatrice di Spilimbergo della casa di cura e la Socialteam. Intanto la Procura apre un fascicolo sul caso
Di Luana De Francisco

SPILIMBERGO. «L’ha svestita in maniera brusca e, di fronte alle sue proteste, le ha risposto che poteva anche morire. Poi, dopo avermi fatta uscire dalla stanza, l’ha spinta per farla stendere, ha alzato le spondine e le ha tirato i cuscini e la coperta addosso, mentre la signora urlava e si agitava». La testimonianza appartiene a una dipendente della casa di riposo Cavasso Nuovo-Fanna, chiamata a raccontare in udienza, davanti al tribunale di Pordenone, la scena cui assistette la sera del 10 dicembre 2013. Per quell’episodio, una sua collega spilimberghese e all’epoca 56enne fu licenziata di lì a un mese dalla “Socialteam” di Spilimbergo, la srl a capitale pubblico che gestisce i servizi di assistenza alla persona per conto di quella e di altre Asp in Friuli, tra cui la “Moro” di Codroipo (che ne è socia al 35%). La vicenda si è da poco definita con la condanna dell’ex operatrice, un’addetta all’assistenza di terzo livello, a restituire alla società i 1.197,17 euro lordi che le erano stati trattenuti sulle buste paga di dicembre 2013 e gennaio 2014 a titolo di «sospensione cautelare», e che il giudice del lavoro davanti al quale aveva impugnato il licenziamento le aveva invece riconosciuto, ritenendo di escludere la «giusta causa» del provvedimento. L’ordinanza è stata riformata dal giudice Roberta Sara Paviotti, che, nell’accogliere l’opposizione presentata dall’avvocato Sara Marchi per conto della Socialteam, ha dichiarato la «legittimità» del licenziamento.

La vertenza, tuttavia, è tutt’altro che chiusa. Il 28 luglio le parti si ritroveranno davanti alla Corte d’appello, per il reclamo presentato dall’avvocato Sandra Troisi, difensore dell’ex dipendente. Nel frattempo, anche la Procura di Pordenone ha aperto un fascicolo sul caso, ipotizzando il reato di maltrattamenti. Gli stessi che avevano convinto il datore a sospendere l’operatrice non appena informato del comportamento tenuto con una delle ospiti. Un’anziana peraltro segnalata per il suo «carattere molto impegnativo ed esigente» e con la quale servivano «tanto tempo e pazienza». Così l’aveva descritta la collega che, quella sera, si era recata con lei in reparto. Non a caso, quando le due assistenti l’avevano raggiunta nel salottino per spingerne la carrozzina fino alla sua stanza, l’anziana le aveva accolte rimproverandole, «perchè – ha spiegato in udienza – avevamo fatto tardi». Il loro compito era di svestirla e coricarla. «Non voleva che le venissero toccati i capelli, mentre la mia collega le ha tolto la maglia da sopra». A quel punto l’anziana aveva reagito, dicendo a voce alta: «Se fai così, mi fai morire». E la dipendente le aveva risposto per le rime: «Muori, allora. Perchè sei venuta proprio in questa casa di riposo?». Poi, mandata fuori la collega, che aveva però lasciato la porta socchiusa, l’aveva messa a letto con modi troppo duri. Nell’impugnare la risoluzione del rapporto, la difesa aveva escluso che tale comportamento fosse «tanto grave, da giustificare il licenziamento, tenuto conto delle condizioni di lavoro estremamente gravose e dell’atteggiamento dell’ospite».

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