Malattia fatale a 65 anni, il mondo del calcio piange Dario Fagotti

PORDENONE. «Dai Ivana, facciamoci questa gita in montagna, che poi i ragazzi tornano in città». Era il 13 settembre scorso, una bella domenica di fine estate, ultimo giorno di ritiro del Pordenone calcio a Tarvisio. È stata l’ultima volta che ha visto i suoi beniamini.
Non sono passati neppure due mesi, eppure Dario Fagotti non c’è più. Se n’è andato giovedì 5 novembre all’alba, all’ospedale di Pordenone, dov’era ricoverato da pochi giorni. Aveva 65 anni. La malattia, diagnosticata a fine settembre, se l’è portato via in un attimo, senza dare il tempo alla miriade di persone che gli volevano bene, di poter capire ciò che stava accadendo.
«Amore sto male, sento che è una cosa più grande di me. Mi dispiace, ma non ce la faccio». Con queste parole, emblematiche per un lottatore irriducibile come lui, un paio di giorni fa, aveva di fatto salutato la sua Ivana. Oggi avrebbe avuto un consulto medico a Padova, non ne ha avuto il tempo. È morto il 5 novembre, lo stesso giorno, anni fa, di papà Mario. Dario era il volto sorridente e più “vero” del pallone locale. Fu per anni direttore sportivo al San Lorenzo, società parrocchiale di Roraigrande, dove si praticava il calcio più puro.
Generoso, di uno spessore umano infinito. Questo era Fagotti per tutti coloro che lo conoscevano. Aveva lavorato 27 anni alla casa di spedizioni Transcar dei fratelli Pighin, diventandone direttore della logistica estera. Nel 2007 aveva fondato assieme al collega e grande amico Pino Greco la Remisped, agenzia di trasporti con sede all’Interporto cittadino, ed era in pensione da gennaio di quest’anno. Amava il suo lavoro, e amava tantissimo lo sport: era appassionato di ciclismo e si “nutriva” di calcio. Durante le partite s’infuriava e sbraitava. Poi abbracciava e invitava tutti a cena, a fare festa. Sempre ottimista e pronto ad aiutare chi ne aveva bisogno. Sempre dalla parte dei più deboli. E la famiglia per lui veniva prima di tutto.
Dopo il San Lorenzo, pian piano si era avvicinato al Pordenone calcio, stavolta solo come tifoso. Nel calcio dei “big” la sua squadra era la Juve, ma quella della sua città, pian piano, aveva preso il sopravvento. L’aveva sempre seguita, ma in modo assiduo dopo la rinascita targata Lovisa. Presenza fissa in tribuna al Bottecchia, non si perdeva neanche le trasferte, ottime occasioni per stare vicino ai “ragazzi” e godersi una gita fuori porta.
Storico amico e vicino di casa di Maurizio Orenti, socio di Lovisa nel club nonché presidente del “suo” San Lorenzo, Fagotti era un po’ il primo tifoso dei “ramarri”, aveva stretto amicizia con tutti all’interno del club, giocatori compresi, Mirko Stefani in particolare. E di tutti gli allenatori che si sono susseguiti, in primis Bruno Tedino, sconvolto dalla sua scomparsa.
Nella sua villetta di via Giovanni da Udine la giornata di giovedì 5 novembre è stata un interminabile viavai per confortare la moglie Ivana, i due figli Davide e Diego, il fratello Stefano e le nipotine. Amici, giocatori, allenatori, colleghi. Ci saranno tutti sabato 7 novembre ai funerali, alle 15.30 nella chiesa di Roraigrande, dove venerdì 6 alle 19 sarà recitato il Rosario. Addio caro Dario, grazie per esserci stato. E per come ci sei stato.
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