“Madre della vita” «Progetto esaurito» La casa chiude e cambia obiettivi

«Questa casa sia un segno di speranza per le madri in difficoltà, affinché possano trovare qui quell’aiuto necessario perché abbiano il coraggio di scegliere di far vincere la vita». Così otto anni fa il vescovo Ovidio Poletto illustrava il progetto “Casa Madre della vita”. Una comunità alloggio madre-bambino, che si proponeva di accogliere gestanti e madri con figli in tenera età (entro i tre anni di vita) che si trovavano in situazioni di disagio per mancanza di risorse materiali, reddito, casa, lavoro, carenza nelle relazioni sociali, difficoltà nei rapporti familiari e nell’accudimento dei figli.
In otto anni la società è cambiata e con essa le esigenze del territorio. Con la fine dell’anno, o comunque qualche giorno dopo, l’esperienza termina e la struttura di via Udine chiuderà in attesa di essere ricalibrata. Lascerà la casa anche l’ultima delle Piccole apostole della carità (la convenzione scade il 31 dicembre e non viene rinnovata), la direttrice Monica Crimella.
Entro qualche giorno troveranno diversa collocazione due mamme e tre bambini, ancora ospiti della struttura nata dal lascito mirato di don Luigi Floriduz. Casa che ha ospitato, avviando altrettanti progetti, 46 mamme e 50 bambini.
«Con i primi giorni di gennaio la Casa chiuderà qualche mese, per riaprire con un nuovo progetto che Diocesi e Comune stanno studiando», tira le somme la direttrice Monica Crimella. Non torneranno le Piccole apostole: all’inizio erano tre, poi due e ora una sola, la direttrice. «Non ci saremo per un problema di forze, destinate ad altre attività».
La casa venne aperta «per fornire supporto alla vita, per mamme in gravidanza con bambini in tenera età. I nuclei, dopo un periodo di accoglienza, venivano accompagnati verso un percorso di autonomia. In questo momento il bisogno del territorio è diverso. Il cambio di obiettivo richiede personale diverso, specializzato».
Negli ultimi due anni si era registrato un calo di richieste e comunque non coincidenti con gli obiettivi del progetto per il quale era nata la struttura. Ovvero, all’uscio non si affacciavano mamme in gravidanza o con bambini neonati, ma donne vittime di violenza con figli adolescenti se non addirittura già grandi. Due stili diversi anche di residenza: mentre le prime erano predisposte a fare comunità, le seconde ad avere un ambiente protetto, pur mantenendo la loro indipendenza.
«Otto anni sembrano tanti, in realtà in questo tempo le cose sono cambiate velocemente. È vero che tra idee e realtà ce ne passa, ma sono convinta che a breve Casa Madre della vita – che riaprirà con il medesimo nome – proporrà un nuovo cammino a servizio della vita». Proprio per questo è stato istituito un tavolo di lavoro e di studio tra la Diocesi di Concordia-Pordenone, proprietaria della struttura, e il Comune di Pordenone, che ha agito attraverso i servizi sociali, che accompagnavano i progetti mirati di re-integro nella società.
Si scioglie in questi giorni, infine, anche l’associazione Casa Madre della vita, nata nel 2013 per supportare la struttura attraverso attività di volontariato di tipo ludico e didattico. —
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